(Adnkronos) –
Scoperta l’età della Valle del Bove dell’Etna, il più grande vulcano attivo europeo. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha annunciato che è stata “datata per la prima volta in maniera assoluta l’età dell’inizio della formazione” di quell’area e “la cronologia delle eruzioni laterali successive al collasso”. L’Ingv spiega che indagini stratigrafiche e petrografiche, datazioni al carbonio-14 e paleomagnetiche delle colate laviche condotte in diverse cave localizzate allo sbocco della Valle del Bove hanno permesso così di datare l’età dell’inizio della formazione della valle e la cronologia delle eruzioni laterali successive alla sua formazione. La ricerca, risultato dello studio multidisciplinare ‘Age of the Valle del Bove formation and chronology of the post-collapse flank eruptions, Etna volcano (Italy)’ condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) in collaborazione con l’Università degli Studi di Urbino, è stata recentemente pubblicata sulla rivista scientifica ‘Journal of Volcanology and Geothermal Research’.
Stefano Branca, Direttore dell’Osservatorio Etneo, spiega che “la Valle del Bove è una depressione localizzata sul fianco orientale dell’Etna, ampia circa 7 x 4,5 km, caratterizzata da una tipica forma a ferro di cavallo il cui fondo è totalmente coperto da colate laviche generate da eruzioni laterali avvenute nel corso degli ultimi secoli”. “Questa depressione – prosegue il vulcanologo – è il risultato di fenomeni di collasso multiplo di fianco e relativi fenomeni erosionali che durante l’Olocene hanno generato l’attuale assetto morfologico di questo settore dell’Etna”. In particolare, Branca evidenzia che “la fase iniziale della formazione della valle è dovuta ad un grande collasso di fianco dell’edificio vulcanico che ha prodotto un vasto deposito detritico che affiora nell’area dell’abitato di Milo, per un’estensione di 4,3 chilometri quadrati, che è parzialmente coperto da una successione lavica e piroclastica”.
Il team di ricercatori ha definito per la prima volta l’età del deposito della frana grazie al ritrovamento al suo interno di frammenti di alberi, perfettamente conservati, che sono stati datati con la tecnica del carbonio-14. Le analisi condotte, riferisce Arianna Beatrice Malaguti, Dottoranda di ricerca dell’Università di Urbino e coautrice dello studio, “hanno permesso di datare il deposito della frana tra il 7478 e il 7134 a.C. Contestualmente, abbiamo studiato la successione vulcanica esposta in due cave e, grazie alle datazioni paleomagnetiche, abbiamo ricostruito la sequenza di eruzioni che hanno interessato questo settore del vulcano dopo l’inizio della formazione della Valle del Bove”. “In particolare, le datazioni paleomagnetiche hanno evidenziato che durante gli ultimi 4000 anni si sono verificate due eruzioni laterali durante la tarda età del Rame (2600-2400 a C) e altre due eruzioni laterali, non riportate nelle fonti storiche, sono avvenute in epoca Greco-Romana e Medievale” aggiunge la ricercatrice.
La ricerca che ha portato alla scoperta dell’età della Valle del Bove dell’Etna è frutto della lunga e consolidata esperienza dei ricercatori dell’Ingv nella datazione delle colate laviche attraverso le indagini realizzate nel Laboratorio ad alta specializzazione di Paleomagnetismo in essere presso la Sezione di Roma 2 dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che costituisce il principale laboratorio paleomagnetico italiano ed uno dei più rinomati a livello internazionale. L’Ingv rileva inoltre che le attività di ricerca multidisciplinari per le datazioni delle colate laviche storiche dell’Etna sono iniziate dal 2004 e hanno permesso di approfondire le conoscenze dell’attività eruttiva del vulcano in epoca preistorica. “Questa tipologia di attività di ricerca, che coniuga le classiche indagini geologico-stratigrafiche con le datazioni paleomagnetiche, continuerà ad essere applicata sull’Etna allo scopo di ricostruire la cronologia delle eruzioni laterali avvenute durante gli ultimi 4000 anni, riconosciute nella carta geologica del vulcano alla scala 1:50.000 pubblicata nel 2011, al fine di migliorare la comprensione della pericolosità vulcanica” anticipa infine l’Ingv. (di Andreana d’Aquino)