Non è la prima volta che Carles Puigdemont, 59enne ex presidente della Generalitat catalana arrestato ieri ad Alghero su mandato di cattura europeo emesso da Madrid che l’accusa di sedizione per la dichiarazione di indipendenza dell’ottobre del 2017, viene arrestato. Il 25 marzo 2018, cinque mesi dopo essersi rifugiato a Bruxelles, a seguito della sua destituzione e la fine delle quattro settimane di “indipendenza catalana”, era stato arrestato dalla polizia tedesca nello stato di Schleswig-Holstein, a poca distanza dal confine con la Danimarca attraversato in auto.
Puigdemont si trovava infatti ad Helsinki quando il giudice istruttore spagnolo, Pablo Llerana, l’aveva incriminato per ribellione e malversazione, avendo usato i fondi catalani per il referendum del primo ottobre considerato illegale, ed emesso il mandato di cattura europeo. Dopo alcune settimane in carcere a Neumunster, il leader catalano ad aprile fu scarcerato dietro pagamento di una cauzione di 75mila euro in attesa della decisione sull’estradizione.
Il tribunale tedesco non accolse la richiesta di estradizione per ribellione, affermando di che non vi era stata una sollevazione violenta, ma alla fine, nel luglio del 2018, decise l’estradizione per malversazione. A questo punto la Spagna era stata costretta a rinunciare all’estradizione, per evitare di dover processare Puigdemont solo per il reato minore e non per quello di ribellione. Venne così ritirato l’ordine di arresto europeo a suo carico, insieme a quello di altri cinque dirigenti catalani fuggiti in Belgio, Svizzera e Scozia.
Puigdemont è di nuovo libero di tornare in Belgio e in qualsiasi altro Paese europeo – in Spagna invece scatterebbe per lui l’arresto – e prende casa a Waterloo, alle porte della capitale belga. Nell’aprile del 2019 si presenta alle elezioni europee, capolista della Lliures per Europa, e, dopo l’elezione, per lui scatta l’immunità parlamentare.
Intanto il lavoro della magistratura spagnola va avanti, e il 14 ottobre dello scorso anno arriva la condanna pesante del Tribunale Supremo che infligge pene tra i 9 ai 13 anni di carcere per gli altri leader indipendentisti, per sedizione e malversazione. Non viene però riconosciuta l’accusa più grave, quella di ribellione, che avrebbe portato a condanne di 25 anni. La condanna più pesante al vice di Puigdemont nei giorni dell’indipendenza, Oriol Junqueras, che non è scappato all’estero e si trova in carcere insieme ad altri leader catalana.
Subito dopo la sentenza, la magistratura spagnola emette un nuovo mandato di cattura internazionale per l’ex presidente della Generalitat e viene avviato l’iter della revoca dell’immunità parlamentare.
Il 9 marzo scorso, con 400 voti favorevoli, 248 contrari e 45 astenuti, l’Europarlamento vota per revocare l’immunità a Puigdemont ed altri due deputati catalani, Toni Comin e Clara Ponsati. La mossa avrebbe dovuto aprire la strada ad un nuovo esame da parte della magistratura belga della richiesta di estradizione di Puigdemont e Comin – Ponsati è in Scozia – ma il 2 giugno è intervenuta la Corte di Giustizia dell’Ue sospendendo provvisoriamente la revoca dell’immunità parlamentare degli eurodeputati catalani.
Poi infine, con un nuovo intervento il 30 luglio scorso – ultimo atto della saga politico giudiziaria di Puigdemont prima dell’arresto ieri in Sardegna – ha confermato la revoca, affermando però “che non vi è motivo di ritenere che le autorità belghe o di un altro Stato membro possano eseguire i mandati d’arresto europei emessi nei confronti dei deputati e consegnarli alle autorità spagnole”.
Veniva infatti ricordato che il mandato d’arresto europeo era stato congelato per un conflitto tra l’autorità spagnola e quella belga che si era rifiutata di applicare un mandato contro Lluis Puig, un altro condannato, affermando che in Spagna sarebbero stati a rischio i suoi diritti fondamentali.