MANTOVA – È una situazione di assoluto stallo quella che sta vivendo il pomodoro da industria, stretto tra un aumento vertiginoso dei costi di produzione e una contrattazione per il prezzo della campagna 2022 che ancora appare lontana dall’essere definita. «Mesi fa – spiega Corrado Ferrari, presidente regionale di Confagricoltura della sezione economica pomodoro da industria – le undici Op del pomodoro si sono riunite, dando vita a “Piattaforma”, un documento condiviso per la corretta valorizzazione del prodotto. Documento però che a inizio 2022 è stato rigettato dalle industrie di trasformazione, che non sono state in grado di avviare una discussione seria sul prezzo di quest’anno. Una delegazione delle Op, composta da Asipo, Ainpo, Apol e Apo-Conerpo, ha svolto più di un incontro con le industrie, senza mai ricevere risposte concrete, né per quanto riguarda l’aspetto economico, né tantomeno per quello che riguarda i quantitativi da trasformare». E proprio su quest’ultimo aspetto si basa la strategia offensiva delle Op, nei confronti dei trasformatori: «A inizio anno, per il bacino del nord Italia, era stato preventivato – prosegue Ferrari – un quantitativo di pomodoro pari a 31,5 milioni di quintali. Più tempo passa, più i produttori saranno costretti ad iniziare le semine, e in tal modo l’industria capirà il reale quantitativo di pomodoro che vi sarà a disposizione, forzando ulteriormente la mano dal punto di vista del prezzo. Bisogna però fare molta attenzione a programmare la produzione senza avere contratti in mano, si rischia di avere problemi poi sui pagamenti finali o di lavorare sottocosto. Ecco perché le Op di comune accordo hanno deciso di ridurre dell’8% il quantitativo di pomodoro previsto, per cercare di condizionare la trattativa a loro favore. Davanti a queste forzature da parte delle industrie, non possiamo offrire di più».
Coltivare pomodoro, d’altronde, costa molto: tra lavorazioni e mezzi tecnici infatti, un ettaro di coltura “vale” in media circa 6.500 euro (+13% rispetto allo scorso anno), ma si toccano anche punte di oltre 7.000 €/ha (+23% sul 2021). E le alternative non mancano: «I produttori non sono disposti a piantare pomodoro ad ogni condizione, mais e soia oggi sono più convenienti e garantiscono soprattutto contratti a termine ben più remunerativi, con costi colturali inferiori. Sottolineo che negli Usa il contratto ha visto un +24% alla voce prezzo, mentre in Spagna e Portogallo gli incrementi sono tra il 20 e il 25%. Molto alto anche il mercato dei derivati del pomodoro, con il concentrato, in
passato decisamente poco conveniente, ora in forte rialzo».