Gli usi indebiti di 18 app, il cosiddetto bonus Cultura per i 18enni, ammonterebbero, secondo quanto risulta da documenti in possesso dell’agenzia di stampa Italpress, a circa nove milioni di euro. Si tratterebbe di un dato parziale, visto che altre indagini sono ancora in corso, e coperte da segreto istruttorio.
Le truffe ai danni dello Stato si sarebbero consumate con la corresponsabilità di esercenti e 18enni.
Al ministero della Cultura sono giunte peraltro anche segnalazione di diciottenni che hanno denunciato la spendita a loro insaputa di bonus loro assegnati.
Non è raro invece il caso di commercianti che avrebbero comunicato al ministero della Cultura la vendita di libri, biglietti per il cinema e spettacoli teatrali, quando in realtà sarebbero stati venduti ai 18enni beni non contemplati nelle categorie ammesse da 18 app, come computer,tablet, smartphone e tv. In un caso, emerso nella primavera scorsa, le indagini della guardia di finanza avrebbero fatto emergere una vera e propria organizzazione che avrebbe lucrato sul bonus. Un sistema in cui un commerciante, ricevuti i buoni procacciati da quello che gli investigatori hanno definito il “capomaglia”, li avrebbe convalidati sulla piattaforma dedicata emettendo in seguito la fattura per l’importo di 500 euro giustificandola con la compravendita mai avvenuta di beni destinati alla spendita dei bonus. In tal modo l’esercente avrebbe ricevuto dal ministero il rimborso dell’intero importo, dal quale avrebbe trattenuto il 30%. Al capomaglia sarebbe invece spettato il restante 70% da dividere con ogni singolo titolare del bonus.
-foto agenziafotogramma.it-
(ITALPRESS).
Le truffe ai danni dello Stato si sarebbero consumate con la corresponsabilità di esercenti e 18enni.
Al ministero della Cultura sono giunte peraltro anche segnalazione di diciottenni che hanno denunciato la spendita a loro insaputa di bonus loro assegnati.
Non è raro invece il caso di commercianti che avrebbero comunicato al ministero della Cultura la vendita di libri, biglietti per il cinema e spettacoli teatrali, quando in realtà sarebbero stati venduti ai 18enni beni non contemplati nelle categorie ammesse da 18 app, come computer,tablet, smartphone e tv. In un caso, emerso nella primavera scorsa, le indagini della guardia di finanza avrebbero fatto emergere una vera e propria organizzazione che avrebbe lucrato sul bonus. Un sistema in cui un commerciante, ricevuti i buoni procacciati da quello che gli investigatori hanno definito il “capomaglia”, li avrebbe convalidati sulla piattaforma dedicata emettendo in seguito la fattura per l’importo di 500 euro giustificandola con la compravendita mai avvenuta di beni destinati alla spendita dei bonus. In tal modo l’esercente avrebbe ricevuto dal ministero il rimborso dell’intero importo, dal quale avrebbe trattenuto il 30%. Al capomaglia sarebbe invece spettato il restante 70% da dividere con ogni singolo titolare del bonus.
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(ITALPRESS).