Cadute in montagna in aumento. La guida: “Troppa imprudenza, serve un giro di vite”

La guida e maestro di sci Paolo De Luca

“Il Ferragosto ha fatto registrare un leggero aumento degli annegamenti e delle cadute in montagna, ma non è un dato che ci sorprende perché questo è il periodo dell’estate in cui, con la maggiore mobilità delle persone, aumentano gli incidenti. Anche il Soccorso alpino ha segnalato una percentuale maggiore di incidenti in questi giorni. Nelle grandi città il numero di accessi nei pronto soccorso è in linea con il periodo, non c’è stato nessun allarme particolare”. Così all’Adnkronos Salute Fabio De Iaco, presidente Simeu (Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza), commentando gli accessi nei pronto soccorso a Ferragosto.

Sul lago di Bolsena un ventenne è affogato dopo un tuffo dal pedalò. A Cene nel bergamasco un 37enne si è tuffato nel fiume Serio ed è annegato. A Mandello del Lario una bambina di 11 anni è annegata nel lago. E’ stato un Ferragosto di incidenti e vittime anche in montagna, il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (Cnsas) ha confermato un trend in aumento con una concentrazione nei mesi estivi di giugno (9,5%), luglio (14,6%), agosto (16%) e settembre (10,1%).

“Permangono però i problemi di personale nei pronto soccorso – ricorda De Iaco – A settembre si dovrà tornare a lavorare sulle carenze. Ricominceranno anche i concorsi con i tentativi delle aziende di trovare il personale. Ma non mi pare ci siano soluzioni pronte – conclude – spero invece che riprenda il lavoro delle Commissioni parlamentari sulla riforma della medicina d’emergenza”.

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MONTAGNA, L’ESPERTO: “SERVONO DETERRENTI PER EVITARE SCALATE SENZA PREPARAZIONE O EQUIPAGGIAMENTO ADATTO”

“Personalmente sono convinto che gli appelli alla prudenza non vengono rispettati da chi frequenta la montagna in qualsiasi periodo dell’anno – dice il maestro di sci e accompagnatore di media montagna Paolo De Luca -. A mio avviso si deve creare un deterrente per scoraggiare chi si avventura in quota senza la necessaria preparazione fisica tecnica e mentale con l’obiettivo di salvare giovani vite umane. Da più fronti si invoca una legge in grado di arginare l’impennata degli incidenti in montagna. Attualmente, infatti, non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dell’alpinista, dell’escursionista, dello scialpinista, del ciaspolatore, del cercatore di funghi e più precisamente per chi pratica  sport di avventura.  A mio avviso, si potrebbe modificare il decreto legislativo n. 40 del 28 febbraio 2021 in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali estendendolo anche all’alpinismo, all’escursionismo, allo scialpinismo al torrentismo. Così come nell’attuale decreto legislativo si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti. Una soluzione potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative, discese fuori dalle piste battute e probabilmente anche salite su vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello). Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 50 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio. Un valido deterrente sarebbe quello di far pagare per intero al cittadino imprudente in emergenza le costose operazioni di salvataggio in montagna, comprese quelle effettuate sulle piste da sci, perché la comunità non può e non deve più farsi carico delle leggerezze degli irresponsabili. Per riflettere, basti pensare che un minuto di volo di un elicottero medicalizzato del servizio di emergenza 118  può arrivare a costare 300 euro; cifre inferiori ma di tutto rispetto, per le operazioni di soccorso con elicottero pubblico non medicalizzato o a piedi. In Austria, Francia, Svizzera e Slovenia, che dal confine Italiano distano pochi chilometri in linea d’aria, il costo del soccorso in montagna è a totale carico del cittadino in emergenza. Così facendo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità. E’ solo in questo modo che gli incidenti in montagna potranno diminuire e tante giovani vite umane potranno essere risparmiate; il tutto accompagnato, ovviamente, da un risparmio di soldi pubblici che potrebbero essere investiti nell’acquisto di nuove apparecchiature elettromedicali da destinare agli ospedali italiani”.

“SI RISCHIA DI TOGLIERE I MEZZI DI SOCCORSO A CHI NE HA REALMENTE BISOGNO”

Non nascondo una particolare sensibilità a questi temi – conclude amaramente De Luca -: in parte legata alla mia esperienza come Maestro di Sci e Accompagnatore di media Montagna; in parte, o forse soprattutto, legata al fatto che a mio padre fu negata l’eliambulanza del 118 per il suo trasferimento da un ospedale ad un altro e non gli furono somministrati farmaci perché l’ospedale, dove era ricoverato, ne era privo”.

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