Natalità: “Fare figli in Italia è un’impresa”, studio raccoglie grido d’aiuto genitori

Avere un figlio oggi in Italia? Un’impresa, un vero e proprio viaggio ad ostacoli, per questo motivo i futuri genitori sono sempre di più in cerca d’aiuto: è quanto emerge dal primo Osservatorio Fater – joint venture paritetica tra Angelini Industries e Procter & Gamble, in collaborazione con l’istituto di ricerca Eumetra – che di fatto fotografa le sfide e le difficoltà di chi in Italia fa figli o vorrebbe averne, nonostante i bassi redditi, un alto tasso di disoccupazione che interessa soprattutto giovani e donne. Elementi che hanno un forte impatto sulla scelta di essere genitori oggi.

Il progetto di ricerca – riporta una nota – è partito dall’ascolto di esperti con diverse competenze (psicologi dell’età evolutiva, educatori, pedagogisti, pediatri, ginecologi, operatori in ambito sociale) ed ha poi raccolto le opinioni di un campione di oltre 3.000 genitori in attesa, con figli in età compresa dagli 0 ai 6 anni e potenziali genitori. Ciò che emerge con più evidenza è un vero e proprio grido d’aiuto, specialmente da parte delle mamme, nelle fasce di età più giovani.

Il vissuto della genitorialità presenta aspetti problematici per una larga parte dei genitori. La solitudine è uno degli stati emotivi più frequentemente sperimentati: a soffrirne sono più le madri, con il 47% che dichiara di sentirsi spesso da sola, rispetto al 30% dei padri. A questa difficoltà spesso si aggiunge un senso di inadeguatezza al ruolo di genitore, che colpisce il 49% delle mamme (vs il 33% dei papà), e un senso di oppressione che dipende dal confronto con un modello ideale di “genitore perfetto” che riguarda larga parte dei genitori (49% delle madri, 37% dei papà).

Preoccupazioni che per circa 3 genitori su 5 (59%) si traducono nella necessità di avere qualcuno accanto a cui appoggiarsi. Non sorprende quindi che 1 genitore su 4 mostri un livello molto alto di quello che viene definito “stress parentale” legato al ruolo genitoriale e al carico di responsabilità e impegno che questo comporta (la misurazione è stata effettuata con lo “Stress Parental Index, indicatore largamente utilizzato in ambito sanitario. Il 25% del campione intervistato mostra un valore superiore a 52, che denota una relazione disfunzionale genitore-figlio).

A dimostrazione di questo – dettaglia la nota – il 76% dei genitori temono di non fare abbastanza per il proprio figlio e il 62% dichiara che prendersene cura richieda più tempo ed energia di quello che riesce dare. A ciò si aggiunge che larga parte del campione lamenta la riduzione della propria sfera di libertà individuale (56% dichiara “avere uno o più figli lascia poto tempo e flessibilità alla mia vita”), fino ad un 20% degli intervistati che ammette che la maggiore fonte di stress nella propria vita è il/la proprio/a figlio/a. Nella relazione genitore-figlio/a, invece, la libertà di sperimentare in autonomia sembra essere una priorità per donne e uomini (81% madri e 70% padri), seguita dalla voglia di dare sempre nuovi stimoli ai bambini (70% madri e 73% padri), con più di 1 genitore su 2 (58% mamme e 48% papà) che segue i consigli degli esperti per sentirsi una madre o un padre migliore.

Con l’arrivo di un figlio cambia anche il rapporto che il genitore ha con il proprio lavoro ed è qui che l’indagine evidenzia maggiori differenze tra madre e padre. Il 39% delle donne e il 32% degli uomini dichiarano di essere meno soddisfatti del proprio lavoro dopo essere diventati genitori. Inoltre, il 47% delle donne dichiara di fare fatica a conciliare il lavoro con la gestione dei figli, mentre il 37% degli uomini sostiene che il proprio stipendio non sia sufficiente per far fronte alle nuove necessità della famiglia.

L’Osservatorio si sofferma inoltre sulle madri che non lavorano o sono in maternità (38% delle mamme, fonte Istat) e la ricerca rivela che si tratta quasi sempre di una scelta subìta. Infatti, prima di avere figli l’87% di queste aveva un’occupazione e la maggioranza di esse (59%) dopo essere diventata madre vorrebbe tornare a lavorare se esistessero soluzioni flessibili (es: part-time), che non sempre, però, sono disponibili sul mercato del lavoro. Solo l’11% dichiara di voler continuare a dedicarsi esclusivamente alla famiglia.

Le politiche di welfare aziendali diventano, quindi, l’ago della bilancia per molti genitori. Dall’ascolto – riferisce la nota – si evidenzia ancora un divario tra le aspettative di padri e madri lavoratori e le misure che realmente vengono adottate. Tra le priorità, emergono la necessità di avere una maggiore flessibilità degli orari (56% dei genitori), misura adottata solo dal 27% delle aziende del campione intervistato, e la possibilità di lavorare in smart working (43% genitori vs 28% delle aziende del campione intervistato che lo implementano). Il divario di aspettative maggiore si ha quando si parla di integrazioni allo stipendio: una misura considerata necessaria per il 46% dei genitori ma promossa solo dal 9% delle imprese.

È la società nel suo insieme a cui i genitori chiedono il maggior numero di aiuti per la gestione dei figli, a cominciare dallo Stato e dai Comuni che sono attualmente percepiti come i grandi assenti nel supporto alle famiglie. Infatti, questi sono indicati dalla maggior parte del campione (52%) come i principali soggetti deputati a fornire un sostegno economico, mentre soltanto il 5% riconosce di riceverlo. Le aziende si confermano ancora centrali per gli aiuti economici che possono fornire ai genitori (24%) e la flessibilità lavorativa (23%). Emerge, infine, il bisogno di poter contare sul supporto di esperti di genitorialità e di gruppi di genitori per poter condividere esperienze e difficoltà.

In generale – conclude la nota – il 30% delle famiglie pensa che la società dovrebbe rispondere ai propri bisogni, anche se questo è sperimentato solo dal 3% delle famiglie. Una situazione analoga si riscontra per le aziende (27% attese dei genitori vs 6% genitori realmente soddisfatti). In totale controtendenza spiccano i nonni, che si rivelano essere la vera e propria spina dorsale della società dal momento che il 59% dei genitori si sente sufficientemente supportato da essi, con un ampio spettro di tipologie di aiuto ricevute, dall’accudimento dei nipoti quando i genitori sono a lavoro (41%) fino all’aiuto economico (23%).

(adnkronos.it)

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