Se negli ultimi anni l’inflazione ha colpito duro i consumatori italiani, il peggio sembra dietro le spalle: l’incremento dei prezzi è indecisa frenata e l’Italia sotto questo punto di vista è tra gli stati UE con il dato migliore, Finlandia esclusa. A rivelarlo, è uno studio della CGIA di Mestre. Nell’ultimo anno le province italiane più colpite dal caro vita sono state Siena, Brindisi e Venezia che hanno registrato un aumento dell’inflazione dell’1,9 per cento. Mantova, invece, è tra le meno colpite dagli aumenti con uno +0,4 (contro l’8,3% tra l’aprile 2022 all’aprile 2023, un dato medio/alto anche considerando la situazione italiana e internazionale del periodo). A presentare i maggiori rincari dei prezzi sono quasi esclusivamente realtà territoriali con una grande vocazione turistica, che hanno subito importanti incrementi di spesa delle attività riconducibili ai servizi ricettivi, di ristorazione e alla persona. Un deciso incremento di costo ha interessato anche i trasporti, gli affitti di case/negozi e il carrello della spesa.
LA FRENATA DELL’INFLAZIONE DAL 2022 AD OGGI: IN ITALIA NEL 2024 PREZZI IN CRESCITA DELL’1,6%
Il peggio, dicevamo. è comunque alle nostre spalle; negli ultimi sette mesi il dato dell’inflazione a livello nazionale è stato ben al di sotto della soglia del 2% e, secondo la Commissione Europea, quest’anno dovrebbe attestarsi al +1,6 per cento, contro il +5,9 per cento registrato nel 2023 e il +8,7 per cento del 2022. Il dato di quest’anno, inoltre, è nettamente inferiore alla media UE che, invece, dovrebbe attestarsi al 2,5 per cento. Non solo. Tra i 27 paesi che compongono l’Unione Europea solo la Finlandia (+1,4 per cento) è destinata a ottenere un risultato migliore del nostro. Non solo. Se in Germania l’inflazione è destinata a salire del 2,4 per cento, in Francia del 2,5 per cento e in Spagna addirittura del 3,1 per cento.
TRA IL 2021 E IL 2023 RINCARI PER 4 MILA EURO A FAMIGLIA
La recentissima fiammata inflazionistica è costata alle famiglie italiane 4.039 euro in più. Se nel 2021, anno che ha preceduto l’avvento della crisi sanitaria, la spesa media annuale delle famiglie italiane ammontava a 21.873 euro, due anni dopo la stessa è salita a 25.913 euro. Soprattutto per le famiglie meno abbienti, l’abitazione e l’alimentare sono le voci di spesa che hanno contribuito maggiormente ad incrementare le uscite complessive
UN DEJA-VU DEGLI ANNI ’70? NON PROPRIO
Analizzando la serie storica dell’inflazione presente in Italia tra il 1948 e il 2023, riscontriamo che tra il 1956 e il 1972 (gli anni del cosiddetto “boom economico”), l’inflazione è stata mediamente del 4 per cento. Con lo scoppio della crisi energetica e a seguito degli effetti riconducibili all’accordo interconfederale sul punto unico di contingenza, tra il 1973 e il 1984 il caro vita medio è stato del 16 per cento, mentre tra il 1998 e il 2002 (periodo che “battezza” la nascita della BCE e dell’Euro) è crollato all’1,5 per cento. Solo tra il 2022 e il 2023 (periodo post-Covid), l’impennata dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime hanno re-infiammato l’inflazione che è tornata a salire a un tasso medio del 7 per cento. Un valore, quest’ultimo, comunque di 11 punti inferiore alla media che avevamo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso.
ORA SI ATTENDE UNA RIDUZIONE DEI TASSI DA PARTE DELLA BCE.
L’inflazione è uno degli indicatori più importanti per capire lo stato di salute di un’economia. In primo luogo perché una sua presenza eccessiva contribuisce a erodere il potere di acquisto dei consumatori, in particolare dei percettori di reddito fisso. In secondo luogo, perché il suo andamento serve a orientare le politiche monetarie delle banche centrali. E mai come in questo momento, visto che l’inflazione sta scendendo in tutta Europa, è necessario che Francoforte riduca il tasso di interesse – afferma la CGIA -. Con i ritocchi all’insù avvenuti tra giugno 2022 e settembre 2023, quello di riferimento è oggi al suo massimo storico da quando in UE c’è la moneta unica (4,5 per cento), contribuendo a ostacolare il ricorso al credito da parte delle famiglie e, soprattutto, delle imprese di piccola dimensione.
BOLLETTE PIÙ LEGGERE, VACANZE PIÙ CARE
Sebbene la crescita dell’inflazione stia rallentando, la percezione dei consumatori italiani è che i prezzi dei beni e dei servizi stiano invece salendo. In realtà alcune voci di spesa che incidono in misura importante sul bilancio familiare hanno subito delle contrazioni importanti. Negli ultimi 12 mesi, ad esempio, i prezzi dell’energia elettrica e del gas sono scesi rispettivamente del 29,2 per cento e del 21,6 per cento, rendendo così le nostre bollette molto più leggere. Anche i biglietti aerei hanno registrato una decisa diminuzione: quelli internazionali dell’11,8 per cento e quelli nazionali del 6,9 per cento. Per contro, è aumentato, in particolar modo, il prezzo delle patate (+11,9 per cento), i pacchetti vacanza nel nostro Paese (+17,2 per cento) e l’olio d’oliva (+44,3 per cento).