Enogastronomia: tra casari, cheese bar e Spa è boom di turisti del formaggio

(Adnkronos) – Ci sono malghe e casari dove vedere la produzione dal vivo, musei per ripercorrere la storia e le tradizioni, cheese bar dove degustare le specialità e persino delle Spa a tema dove rilassarsi. Sono le tantissime e sempre più numerose esperienze che il ‘turismo del formaggio’ offre nel Belpaese. Un trend che si sta sempre più affermando, con il 32,7% dei turisti italiani che dichiara di aver partecipato ad almeno un’esperienza a tema formaggio nel corso dei viaggi degli ultimi tre anni – tra visite ai caseifici, eventi e festival, itinerari tematici ed esperienze dedicate nei ristoranti – e i numeri sono cresciuti in modo significativo nell’ultimo triennio: +7,3% sul 2021. 

A rivelarlo è il primo Rapporto sul turismo e il mondo caseario, realizzato dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico e ideato dalla presidente, Roberta Garibaldi, con la collaborazione del Comune di Bergamo e del progetto Forme e di Bergamo Città Creativa per l’Enogastronomia. Uno strumento nuovo per analizzare un fenomeno in evoluzione e restituire linee di sviluppo dell’offerta turistica a tema mondo del formaggio, contribuendo ad accrescere il benessere delle comunità locali e dei territori. La conferenza di lancio dello studio nazionale ha visto la partecipazione di Elena Carnevali, sindaca del Comune di Bergamo, Antonio Auricchio, presidente Afidop, Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia, Dominga Cotarella, presidente Terranostra, Igino Morini, Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, Francesco Maroni, presidente Associazione The Cheese Valleys le Tre Signorie, e Alberto Gottardi, vicepresidente Progetto Forme, moderati da Alberto Lupini, direttore ‘Italia a Tavola’.  

Lo studio delinea, inoltre, le nuove esigenze dei cheese lover e presenta l’offerta turistica, evidenziando best practice e progetti di rete per la valorizzazione turistica del formaggio. “Pur avendo già suscitato un crescente interesse da parte dei viaggiatori, il settore caseario – afferma Roberta Garibaldi – non ha ancora ricevuto l’attenzione che merita in un’ottica sistemica. L’offerta attuale presenta numerose esperienze di alto valore, che testimoniano il potenziale di sviluppo di questa nicchia turistica. Con questo rapporto, mi auguro di fornire un primo contributo concreto alla valorizzazione del comparto caseario come risorsa strategica per il turismo, promuovendo un approccio integrato che possa stimolare una maggiore attenzione verso le eccellenze territoriali e la loro capacità di attrarre visitatori, generando così nuove opportunità di crescita e sostenibilità per i territori produttori”. 

Caseifici e aziende casearie sono il core dell’offerta turistica dedicata. Alle tradizionali visite e degustazioni si affiancano proposte ingaggianti, coinvolgenti e stimolanti. Fra queste spiccano corsi di cheese pairing (apprezzati dal 55% dei rispondenti) e laboratori del formaggio (52%). Il confine tra business e leisure diviene anche nel turismo legato al mondo caseario sempre più sottile, e le proposte dedicate alle aziende stanno iniziando ad essere apprezzate dal pubblico (il 41% dei rispondenti vorrebbe parteciparvi). Ad esempio, Carozzi Formaggi (Pasturo) organizza i blind test per le aziende. La stessa ristorazione è in ‘fermento’. Dai cheese bar – come Latteria Perenzin a San Pietro di Felet to, Formaggioteca Terroir a Firenze, Baby Dicecca nella foresta di Cassano delle Murge, come esempi, ai servizi di cheese catering, ne è un esempio l’altoatesino Degust, i format si stanno innovando per soddisfare i desideri degli amanti di questo mondo. Senza dimenticare le proposte tradizionali come le carte dedicate ai formaggi, che quasi 6 italiani su 10 vorrebbero trovare quando si recano nei ristoranti. 

L’offerta si allarga dalle aziende ai territori, con i musei del formaggio, con il 44% degli italiani che gradirebbe visitarne uno di respiro nazionale, e molti eventi e festival, fra cui, ad esempio, Cheese di Slow Food. Un’altra frontiera interessante è quella legata alle Spa a tema formaggio: in Italia l’ha realizzata ad esempio La Fiorida in Valtellina, con trattamenti a base di miscela di acqua e latte crudo e di fieno. Infine, itinerari tematici come la Strada dei Formaggi delle Dolomiti del Trentino e pacchetti turistici con visite ai luoghi di produzione. “Il turismo enogastronomico rappresenta una delle innovazioni più promettenti e immediate per molte denominazioni, soprattutto quelle caratterizzate da produzioni più limitate. Questa forma di turismo consente di raggiungere i consumatori in modo più diretto e profittevole, offrendo esperienze autentiche e valorizzando la qualità à dei prodotti locali”, dichiara Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia. 

“Il turismo legato al formaggio, comparto in crescita in un mercato molto competitivo che spesso ci pone nemici sleali, pensiamo a italian sounding, etichettatura, origine garantita ecc., è pertanto un comparto che va difeso, sostenuto negli investimenti, nei canali commerciali, nei mercati. Sappiamo essere un comparto ad alta intensità di capitale materiale (gli alti costi degli impianti) e immateriale (le conoscenze e le competenze umane). Ed è su questo che vogliamo e dobbiamo orientare la traiettoria, per poter sostenere la competitività delle imprese. Diversificando e differenziando attività e proposte, anche turistiche”, sottolinea Dominga Cotarella, presidente Terranostra. 

“I turisti che scelgono l’Italia sono sempre più alla ricerca di esperienze enogastronomiche appaganti. Ciò consente loro di entrare in contatto con l’essenza dei nostri prodotti tipici, imparando a conoscerli in profondità. Una volta tornati a casa, i turisti non si limitano più a ricordare i sapori, ma hanno acquisito una conoscenza che permette loro di chiedere gli stessi prodotti e, soprattutto, di saper distinguere tra le eccellenze italiane autentiche e le imitazioni che sfruttano il cosiddetto Italian Sounding. In questo contesto, il ruolo degli chef e dei ristoratori diventa cruciale: sono loro i veri ambasciatori del gusto italiano. Attraverso i loro piatti, trasmettono la storia, le tradizioni e l’autenticità dei nostri formaggi e delle nostre eccellenze gastronomiche. È grazie a loro se chi visita l’Italia quando torna a casa diventa un ambassador dei prodotti made in Italy, quelli veri”, osserva Antonio Auricchio, presidente di Afidop. 

Essenziale per lo sviluppo del settore è la collaborazione tra gli attori pubblici e privati della filiera turistica e casearia, come il Sistema Bergamo. “Questo lavoro, che va oltre i confini di Bergamo, è un importante punto di partenza per una riflessione che abbraccia tutto il nostro paese: il potenziale del turismo caseario grazie all’eccellenza rappresenta dalla produzione dei formaggi. Il nostro territorio, Bergamo e la sua provincia, riconosciuto pe r la sua lunga tradizione casearia, oggi con i 9 formaggi Dop su 53 a livello nazionale, di cui 14 lombardi, una ricca varietà di prodotti caseari riconosciuti e certificati, 3 presidi Slow Food, i formaggi Principi delle Orobie ha un primato di eccellenza, non solo nazionale, che legittima l’ambizione di fare di Bergamo e la sua provincia una capitale del formaggio, un punto di riferimento per l’intera filiera lattiero-casearia italiana”, dice Elena Carnevali, sindaca di Bergamo.  

“Bergamo dal 2019 è anche Città Creativa Unesco per la Gastronomia, grazie alle Cheese Valleys Orobiche, e ha l’opportunità e la responsabilità di collaborare con altre 350 città in tutto il mondo per la promozione reciproca e la valorizzazione delle eccellenze culturali e gastronomiche che le rendono uniche. La città diventa così una straordinaria vetrina per promuovere l’arte casearia delle nostre valli, celebrare la qualità e l’autenticità dei nostri formaggi, mirando anche a sostenere l’economia locale e preservare il paesaggio e la cultura che caratterizza il territorio bergamasco. L’auspicio è che, come già avvenuto per il turismo del vino e dell’olio, anche il turismo caseario possa diventare un motore di crescita per l’Italia”, aggiunge.  

“Il turismo enogastronomico – prosegue – non si limita infatti alla valorizzazione dei prodotti, ma racconta il legame tra cibo, cultura e territorio, creando reti di collaborazione che rafforzano, da una parte, l’identità locale e promuovono esperienze autentiche, dall’altra possono dar vita a processi virtuosi di promozione, sviluppo economico e coesione sociale. Sono convinta che questo rapporto contribuirà a rafforzare il ruolo di Bergamo e la sua provincia come meta enogastronomica d’eccellenza, promuovendo un turismo sostenibile e inclusivo, in grado di gene rare opportunità per tutte le comunità coinvolte”.  

Altri esempi sono ‘Nutrire il Domani’, progetto di rete sviluppato a partire dal 2015 nelle Valli di Primiero e Vanoi (Trentino) per promuovere i formaggi locali, fino alle iniziative del Consorzio del Parmigiano Reggiano, che si stima abbiano portato sul territorio 180mila visitatori nel 2023. “Dal punto di vista economico e sociale – spiega Roberta Garibaldi – il turismo legato ai formaggi ha il potenziale per generare benefici significativi per i territori coinvolti. L’aumento del reddito per i produttori locali, la creazione di nuove opportunità lavorative e il sostegno alla conservazione delle tradizioni sono alcuni degli impatti positivi osservabili. Inoltre, il rafforzamento del legame tra agricoltura e turismo può contribuire a dare nuove prospettive di crescita sostenibile alle comunità locali”.  

“Questo Rapporto rappresenta un primo passo verso una maggiore valorizzazione del mondo caseario in chiave turistica. L’auspicio è che le raccomandazioni e i casi di studio presentati possano stimolare ulteriori progetti e iniziative in grado di promuovere le eccellenze del settore, consolidando il formaggio come elemento centrale del turismo enogastronomico. La collaborazione tra produttori, operatori turistici e istituzioni sarà fondamentale per costruire un’offerta integrata e sostenibile, capace di rispondere alle esigenze del mercato e di contribuire allo sviluppo dei territori”, conclude. 

 

 

 

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