Palazzi, la vittoria di un modello Mantova

I sondaggi lo dicevano da tempo e le sensazioni raccolte tra la gente in città sembravano confermarlo: Mattia Palazzi confermato sindaco di Mantova al primo turno. Nessuna però delle indagini demoscopiche aveva previsto un successo così ampio, e probabilmente anche molti di coloro convinti che il sindaco uscente avrebbe evitato il ballottaggio non pensavano a un risultato così netto. Una sorta di plebiscito: oltre il 70% dei voti.
Un risultato straordinario per Palazzi e per la sua squadra. Mai a Mantova un sindaco era riuscito nel non facile obiettivo di vincere al primo turno fin dall’ormai lontano 1993, anno in cui si istituì l’elezione diretta dei sindaci. E mai comunque, nemmeno al secondo turno, c’era stata una vittoria con un consenso così alto.
Le ragioni della vittoria di Palazzi sono ovviamente molteplici e sono racchiuse innanzitutto nei tanti dati che lui stesso snocciolava durante la campagna elettorale come i 40 milioni di euro per le scuole, i 400 cantieri aperti, i 139 milioni investiti di cui 100 ottenuti vincendo bandi e creando alleanze. Cifre che si sono tradotte in una città che la gente ha visto finalmente in movimento, in aree riqualificate, in progetti e opere attesi da decenni
E tutto questo in anni in cui ottenere finanziamenti pubblici è stato tutt’altro che un’operazione facile, in un’Italia dove la crisi del 2008 non è mai finita.
Ci vogliono strutture capaci, in grado di progettare e costruire percorsi virtuosi e ci vogliono quindi persone giuste al posto giusto: a un sindaco l’onere, tutt’altro che scontato, di saperle individuare e il plauso dunque a Palazzi per esserci riuscito e averle sapute coordinare in un importante gioco di squadra che piano piano, nel corso dei cinque anni, è diventato un modello.
Si perché a trionfare oggi non sono soltanto Palazzi e la sua squadra ma un modello Mantova fatto di progettualità, collaborazione, confronto, capacità e probabilmente anche una notevole dose di intuizione.
Certo qualcuno pensa che qualcosa poteva essere fatto meglio, o diversamente o altrove ma questo fa parte della normale dialettica all’interno di una comunità che guai se venisse meno. Anzi questo dovrebbe essere il compito in aula Consiliare della stessa opposizione.
E veniamo quindi proprio all’opposizione che nel prossimo Consiglio vedrà sui banchi solo le forze del centro destra e Gloria Costani. Una minoranza dunque molto semplificata rispetto a quella del primo mandato.
Il voto anzitutto ha dimostrato che gli elettori non sono più disponibili a sostenere candidati e relative liste che per cinque anni tacciono e poi si materializzano all’ultimo in nome di non si sa quale necessità di esserci comunque, ma anche di non volere più una politica esclusivamente “contro”, spesso fatta di attacchi personali e altrettanto spesso combattuta più nei tribunali che non nelle aule consiliari.
C’è poi il voto ambientalista. Gloria Costani entra in Consiglio comunale ma probabilmente con un risultato al di sotto delle aspettative, soprattutto in una città dove l’ambiente viene spesso catapultato alla ribalta delle cronache come una delle emergenze prioritarie. Non è la prima volta, anzi di frequente a Mantova i candidati portatori di istanze prettamente ambientaliste all’appuntamento con le urne ottengono poi risultati modesti. C’è un precedente davvero molto simile: oggi Gloria Costani è stata in prima linea contro l’inceneritore di Progest, nel 2005 la battaglia ambientalista era contro i turbogas di EniPower ma la lista di Conte, che quell’obiettivo ce l’aveva anche nel nome, non entrò nemmeno in Consiglio comunale ottenendo il 2,6%, esattamente lo stesso di quanto conquistato oggi da Saf a cui si aggiunge poi il 2% scarso dei Cinque Stelle.
Cosa succede allora alle questioni ambientali? Possibile che i mantovani se le dimentichino in cabina elettorale? O forse non sarà che, oggi come allora, c’è una sovraesposizione mediatica di certi temi grazie anche ad alcuni gruppi ristretti che hanno un facile accesso ai media, ma poi c’è una grande maggioranza silenziosa convinta che la tutela ambientale sia si importante quanto irrinunciabile ma raggiungibile anche attraverso altre strade e quindi altri candidati?
Poi c’è la sconfitta pesantissima del centro destra che mai aveva registrato un consenso così basso. Certo c’è il successo enorme di Palazzi, che ottiene quasi 1300 voti in più rispetto a quelli già alti della sua coalizione, ma ci sono tante responsabilità anche delle liste che sostenevano Rossi, divise e poco convinte del candidato sin dall’inizio, spesso accusato di pensare che la città fosse un social anche da esponenti di primo piano del centro destra che non nascondevano nemmeno l’intenzione di optare per il voto disgiunto.
Se i dubbi erano tanti, e il voto ha dimostrato che erano dubbi fondati, perché mai persistere? O qualcuno ha voluto persistere ad ogni costo, facendo finta di non sapere che i voti alle europee non sarebbero mai stati quelli alle amministrative? O ignorando il fuggi fuggi dei sostenitori che si ritiravano proprio come le onde del mare prima di uno tsunami? Qualunque sia la risposta è certo che questa si farà sentire sui futuri equilibri del centro destra a Mantova.
Si spera solo che venga risparmiata la risposta di un Rossi rivelatosi diverso da quello che si pensava. Rossi è rimasto fedele a sé stesso prima e durante la campagna elettorale. Chi gli lavora a fianco da anni gli riconosce di un essere un ottimo dirigente d’azienda.
L’auspicio è che voglia trasferire questa capacità anche nell’aula di via Roma con una opposizione costruttiva e fatta sui banchi consiliari. Avremo davanti un periodo difficile in cui ci sarà bisogno del contributo di tutti.
A Palazzi, che ora avrà il delicato compito di formare la sua squadra in base ai nuovi equilibri, l’augurio di un buon lavoro nel solco di quello con cui ha convinto tanti mantovani e con cui ha dimostrato che si può vincere e anche stravincere pur rimanendo lontani dalle tentazioni e dalle false illusioni del populismo.

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