MANTOVA – E’ una lettera che vuole ribadire il diritto allo studio in presenza per tutti gli studenti, compresi quelli delle superiori, quella inviataci da Scuole Aperte Mantova e che, per raggiungere questo obiettivo, propone anche alcune idee. Ecco il testo integrale:
Gentile Direttore, Siamo il gruppo di genitori, ragazzi, insegnanti , noto come ” Scuole Aperte Mantova”, che ha organizzato nei mesi scorsi le ordinate e silenziose manifestazioni davanti alle scuole chiuse, al venerdì mattina.
Siamo ancora una volta a scriverle nella speranza che il suo giornale possa dare voce alle urla soffocate dei nostri ragazzi e delle famiglie esasperate da una emergenza educativa che sta diventando più pericolosa di quella sanitaria.
Siamo in tanti, troppi ormai per non essere ascoltati. Se la scuola è uguale per tutti davanti alla legge e le “le aule scolastiche sono sicure” rispetto al covid, come ha affermato lo stesso Conte sulla scorta dei dati forniti dallo stesso Istituto Superiore delle Sanità, vuol dire che tutte le scuole di ogni ordine e grado possono essere considerate ambienti sicuri grazie all’applicazione delle regole anti-covid.
Chiudere le scuole superiori è stato un grave errore che non ha portato alcun beneficio sull’andamento della curva pandemica producendo altresì danni incalcolabili sul futuro dei nostri figli. Non solo è stato leso il loro sacrosanto diritto allo studio, ma anche il loro diritto alla salute: l’isolamento sociale e l’assenza di attività fisica, aggravata dalla sospensione delle attività sportive extrascolastiche, nonché l’indolenza autorizzata per decreto li hanno indeboliti non solo fisicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente accentuando inoltre il divario sociale. Iniziamo già a vedere gli effetti devastanti di questa solitudine digitale autorizzata e incrementata per decreto: basti leggere la relazione del Bambin Gesù di Roma o lo studio promosso da SAVE the Children in Italia e molti altri studi tanto allarmanti, quanto inascoltati.
Se le altre scuole hanno funzionato per tutto l’anno al 100%, anche le superiori devono arrivare a farlo. La DAD non è scuola; poteva essere un rimedio accettabile in piena emergenza, ma ora non siamo più di fronte a qualcosa di sconosciuto e inaspettato. Non si può perseverare a ridurre la ricchezza educativa della scuola a mera somministrazione di lezioni a distanza, senza peraltro che sia riscontrabile alcun beneficio sul problema della diffusione del virus.
I nostri ragazzi e ragazze sono stati considerati il capro-espiatorio delle inefficienze – per non dire in qualche caso incompetenze- degli adulti che avrebbero dovuto difenderli e non lo hanno fatto. Tutti noi adulti siamo responsabili in misure diverse: genitori, insegnanti, medici, ma soprattutto i rappresentanti delle Istituzioni che hanno trasformato la crisi sanitaria in crisi educativa e nel tentativo inutile di salvare -nel breve termine le fasce più deboli di fronte al virus, hanno prodotto fragilità inimmaginabili negli adolescenti nel medio e lungo termine. La miopia di queste scelte è ora sotto gli occhi di tutti.
Siamo noi che mettiamo il cappio al collo ai nostri figli e poi piangiamo come coccodrilli quando la corda viene tirata. Noi stessi diamo loro -prematuramente- in mano gli strumenti della loro rovina, ma soprattutto continuiamo a negar loro ciò di cui hanno più bisogno per la loro salute come l’aria pura e l’acqua pulita e cioè il senso e il valore della vita! E allora, cosa aspettiamo a svegliarci? Il sonno della ragione genera mostri.
La vita non è solo quella biologica e il suo unico obiettivo non può essere meramente conservarla: i nostri ragazzi cercano disperatamente un motivo per alzarsi la mattina, andare fuori e affrontare la vita, come è loro diritto.
Il virus peggiore che gli abbiamo inoculato è la paura stessa di vivere!
Adesso basta. Cambiamo registro. La nostra proposta è fin troppo semplice: se il problema sono i trasporti pubblici e i nostri politici non lo vogliono risolvere o lo fanno a metà ( scuole al 50%) facendo ricadere sul ritmo delle loro giovani vite il peso di questo compromesso e trattando ancora una volta i nostri ragazzi come merce pericolosa da trasportare al minor costo possibile per la collettività, noi famiglie non abbiamo altra scelta percorribile che fare deliberatamente a meno dei trasporti pubblici ( come già tanti stanno facendo) e usare quelli privati per garantire ritorno a scuola dei nostri figli a tempo pieno.
1- Innanzitutto è giunta l’ora di rispolverare la bici: con uno strumento semplice ( e glorioso nella storia della pianura padana) restituiamo loro il diritto allo studio, quello alla salute, quello allo sport all’aria aperta. Con una bici diamo loro non solo piena libertà, ma anche piena responsabilità. Attraverso l’adesione al progetto “A scuola in bici” aderiamo in massa al piano Urbano di Mobilità Sostenibile (PUMS del Comune di Mantova). E, globalmente parlando, siamo persino in linea con l’indicazione principale del Great Reset appena discusso a Davos: la sostenibilità!
2. E i ragazzi che abitano troppo lontano dalla scuola? Organizziamo una linea di bus a loro dedicati per il tragitto casa/scuola con posto assegnato. Non è fantascienza, altre province lo hanno fatto. Ci sono centinaia di autobus turistici e relativi autisti fermi e tristi; ridiamo loro vita e dignità del lavoro.
3. I costi? Se il Comune o la provincia non si fanno avanti, apriremo un crowdfunding. Siamo disposti a autotassarci per dare l’esempio ai nostri figli di come si affrontano i problemi della vita, non certo seduti sul divano ad aspettare di invecchiare da giovani.
Siamo stufi di rincorrere le inadempienze della politica a colpi di ricorsi legali. Molti ragazzi non ce la fanno più; non possiamo permetterci che neppure per uno di loro sia troppo tardi