Lo yemenita voleva morire da martire. La sua storia in Italia inizia nel 2017

MANTOVA Ero stanco di questa vita, l’unico modo per farla finita era con questo gesto, volevo essere ucciso per raggiungere il paradiso di Allah”. Con queste parole Mahamad Fathe, il 23enne yemenita che ieri ha ferito alla gola e alla schiena con delle forbici un militare alla stazione Centrale di Milano, ha spiegato, sentito dal pm Alberto Nobili e dai carabinieri, l’aggressione seguita poi dal grido di ‘Allah akbar’. Il giovane avrebbe continuato a ripetere durante gli interrogatori di non essere un terrorista.
Era arrivato in Italia dalla Libia con un volo umanitario militare all’aeroporto di Bergamo. La storia nel nostro Paese di Mahamad Fathe, il 23enne yemenita che mercoledì mattina ha ferito un militare alla stazione Centrale di Milano al grido di “Allah Akbar” ha inizio il 27 dicembre 2017, con una richiesta di asilo politico; quindi il quasi immediato trasferimento volontario in Germania prima di venire rispedito su suolo italico dalle autorità tedesche il 17 luglio scorso. Dalla frontiera aerea di Malpensa dov’era atterrato e dove aveva ripresentato domanda di asilo era quindi stato smistato al centro di accoglienza di Ostiglia. Fino a qualche settimana fa il giovane risultava domiciliato nella città di Cornelio precisamente all’hotel California. La questura di Mantova alla quale il 23enne si era rivolto aveva anche provveduto ad espletare le formalità del caso rilasciando al contempo un permesso di soggiorno temporaneo – in attesa del responso dell’apposita commissione preposta – documento questo poi mai ritirato. Fino all’altro giorno quando invece che recarsi a Roma per qualche giorno, come fatto sapere da lui stesso agli uffici di piazza Sordello, il profugo si era portato nel capoluogo lombardo.
Anche se proseguono gli accertamenti a suo carico, gli inquirenti sembrano pensare che il gesto dello yemenita possa essere dovuto alle condizioni di vita indigenti e al limite della disperazione dell’ultimo periodo della sua vita.

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