MANTOVA – Non sbagliava una data, non sbagliava un nome, ma nemmeno il piazzamento di un’auto o di un pilota, che si parlasse di una gara di Formula 1 o di una Mille Miglia degli anni ’30, quelle che avevano dato il via alla leggenda del suo amato Tazio Nuvolari di cui sarebbe diventato il più grande biografo.
E’ dura parlare di Cesare De Agostini al passato. Lo è per qualsiasi collega conosciuto e stimato con cui si è condivisa una parte di vita professionale e una sincera amicizia.
Ma con Cesare, signore d’altri tempi dalla gentilezza rara, si era creato un rapporto speciale, fin dai primi giorni di quel lontano 1993 in cui avevo varcato il portone della Gazzetta di Mantova in via Fratelli Bandiera. E cosa poteva desiderare di più una giovane giornalista che arrivava dal mondo delle Agenzie di stampa, così diverso da quello di un quotidiano, di ritrovarsi uno dei pilastri del giornale che, dopo qualche settimana di collaborazione, le diceva “hai la stessa passione per questo lavoraccio che avevo io da ragazzo, se hai bisogno di aiuto o consigli, io sono qui”.
Come ho sfruttato quell’offerta! Quante volte mi fermavo alla scrivania di Cesare per avere un suo parere o un’informazione. E in quei momenti, con le sue risposte, si apriva un mondo: quello della sua immane conoscenza di Mantova, dei suoi personaggi, della sua gente. Il suo amore per la città di un tempo è tutto racchiuso nel libro “Mantova perduta” nel quale De Agostini riprende foto e ricordi della rubrica “Mantova vecchiotta” da lui curata negli anni sessanta sulla Gazzetta. Un compendio venne pubblicato poi in un piccolo libro: era il 1970.
Vicino a quella di Cesare c’erano poi le postazioni degli altri due grandi moschettieri della Gazzetta, “il profe” Mario Cattafesta e Giorgio Guaita, e così una semplice richiesta di una informazione o di un suggerimento, veniva raccolta da tutti e tre e si trasformava in una occasione preziosa per sentirmi raccontare tutto e anche molto di più direttamente dalla bocca di alcuni dei più grandi narratori di sempre della nostra Mantova.
Apprezzavo quei momenti ma solo con gli anni capii il privilegio che avevo avuto.
Anni durante i quali ho ritrovato Cesare in tante occasioni, soprattutto quando a Telemantova mi fece l’onore di essere spesso ospite dei talk show che conducevo.
E che fossero dedicati a Mantova o al mondo dell’automobilismo che era la sua grande passione (si definiva “un pilota mai stato”) Cesare sapeva sempre fare la differenza. Indimenticabili poi quelle volte in cui in studio si trovava con l’amico Adalberto Scemma, altro grande del giornalismo mantovano e non solo, e quella volta straordinaria in cui arrivò pure Gianni Cancellieri, l’ex direttore di Autosprint anche lui mantovano che con Cesare scrisse bellissimi libri e con lui e Adalberto condivise l’esperienza al Resto del Carlino nei primi anni sessanta.
Cesare era anche un grande appassionato di Storia della Chiesa, come testimoniano i suoi libri su questo tema (fu anche molto amico del vescovo Carlo Ferrari con cui condivideva l’amore per le auto), ma era quando si parlava di Tazio Nuvolari che i suoi occhi iniziavano a brillare: non era solo ammirazione, era un qualcosa di più, iniziato come raccontava lui proprio “il giorno dei funerali di Nivola quando affaciatomi alla finestra vidi il feretro trasportato da un fiume di persone avvolto tra un tricolore e tanti fiori, seguito da Ascari, Villoresi, e Fangio“. Una passione che emerge chiaramente dai tanti articoli e dai numerosi libri scritti sulle gesta del Mantovano volante il cui unico erede, per De Agostini, poteva essere quel Gilles Villenueve entrato nel mito dopo la morte a soli 32 anni.
Non è un caso se due dei libri scritti da Cesare si chiamano rispettivamente “Tazio Vivo – La febbre Nuvolari “ e “Gilles Vivo – La Febbre Villeneuve”. Alla vita di Clay Regazzoni dedicò invece il libro “E’ sempre questione di cuore”, che vinse il Premio Bancarella nel 1983 e il Premio Coni.
Ma con il pilota svizzero De Agostini condivideva anche una bella amicizia: corsero insieme una gara, Clay pilota su una vettura con comandi modificati dato l’incidente che nel 1980 lo aveva privato dell’uso delle gambe, e Cesare navigatore.
“A un certo punto vedo che si gira per prendere un panino da un sacchetto sul sedile posteriore – raccontava De Agostini – E allora mi sono detto è finita: questo non ha le gambe e adesso ha mollato anche le braccia dal volante”.
La grande esperienza del campione fece si invece che finirono la corsa sani e salvi, anche se Cesare con il cuore che batteva ancora a mille per lo spavento.
Oggi mi piace ricordarlo così, mentre sorride evocando quella vicenda e, intanto che gli rinnovo il mio grazie, mi piace pensarlo a colloquiare di auto e motori con Clay, Gilles, Tazio e tutti gli altri.
Cesare De Agostini, che aveva 80 anni, lascia le figlie Lara, Inge e Elly e gli adorati nipoti.
La camera ardente è allestita da questa mattina presso la Casa funeraria Maffioli in Strada Circonvallazione 4 a Levata. I funerali si terranno domani mattina alle 10 nella basilica di Sant’Andrea a Mantova e saranno celebrati dal rettore don Renato Pavesi, che fu amico di Cesare nei lontani anni ’60 e che oggi ne ricorda l’intelligenza e la grande profondità d’animo.
Ciao Cesare, e come dissero per il tuo grande Tazio, ora “correrai più veloce per le vie del cielo”.