MANTOVA – Quando lo aveva visto, ormai quasi sul fondo e in posizione prona, si era tuffato in vasca riuscendo a riportarlo in superficie, quindi insieme ad un volontario della Croce Rossa anch’egli presente quel giorno in piscina, aveva cercato di rianimarlo col defibrillatore; ma dopo 16 giorni dal ricovero in ospedale l’uomo soccorso era deceduto senza mai riprendere conoscenza mentre lui era stato rinviato a giudizio. Con l’accusa di omicidio colposo era così finito alla sbarra un bagnino 48enne all’epoca in servizio al centro natatorio Dugoni di Mantova. I fatti a lui ascritti risalivano alla tarda mattina del 5 luglio 2015. La vittima era invece un 68enne residente in città. Stando a quanto accertato dall’esame autoptico a stroncargli la vita era stato un malore che lo aveva colto mentre si trovava in acqua. Secondo la perizia medico-legale disposta dal pubblico ministero, però l’imputato sarebbe stato colpevole di un intervento effettuato con eccessivo ritardo, riscontrando così un nesso causale tra decesso e annegamento. Nonostante questi elementi addotti dall’accusa il procedimento penale instaurato con rito abbreviato, si era concluso nella primavera del 2017 con l’assoluzione in primo grado dell’assistente bagnino, sentenza questa poi impugnata dalla procura e ancora in via di definizione in appello. Di diverso epilogo invece l’esito della causa civile intentata nel 2016 dagli stretti familiari della vittima e difesi in tale sede dall’avvocato Giulio Arria. Un giudizio in contumacia che vedeva convenuti sia il bagnino che la società Sport Management Spa in qualità di gestore dell’impianto di viale Risorgimento. Parti attrici invece la moglie e la figlia del 68enne L’altro ieri il giudice del tribunale civile di via Poma Valeria Monti ha emesso la sentenza con la quale ha statuito il risarcimento in solido del danno patrimoniale patito dalle proponenti per la perdita del congiunto, e fissato rispettivamente a favore di moglie e figlia in 274mila e 250mila euro.
