ASOLA – Asola avrà una via cittadina in ricordo di Sergio Ramelli. E’ questa la decisione presa dal Consiglio comunale, che ha accolto la mozione presentata dal consigliere Cristina Azzali del gruppo “Asola Protagonista”.
Ramelli era un giovane milanese appartenente al Fronte della Gioventù, formazione politica giovanile del Movimento Sociale Italiano, assassinato a soli 18 anni nel 1975, durante gli anni di piombo da un commando di Avanguardia Operaia, per le sue idee politiche.
La mozione, accolta con 8 voti favorevoli dal gruppo di maggioranza “Più Asola” e dal Consigliere Azzali, 2 voti contrari dei consiglieri Francesca Lamberti Zanardi e Raffaele Favalli del gruppo “Asola Bene Comune” e l’astensione del consigliere Luciano Carminati del gruppo “Lega Centro Destra Asolano”, impegna il sindaco e la giunta ad avviare l’iter di intitolazione di una via, una piazza o un giardino alla sua memoria affinché la città gli possa rendere omaggio con il messaggio che è necessario difendere il diritto di ciascuno ad esprimere liberamente le proprie idee. Anche altri comuni mantovani hanno dato il via libera all’intitolazione di una via o di una piazza al giovane studente ucciso 50 anni fa. Però ancora non ci sono vie intitolate a Ramelli.
“Intitolare una via a Sergio Ramelli significa anzitutto scegliere di ricordare non un’ideologia, ma una tragedia umana. Sergio Ramelli non è un simbolo da strumentalizzare politicamente: è stato un ragazzo di diciotto anni, ucciso a sprangate sotto casa sua per ciò che pensava, per un tema scritto a scuola, per aver espresso liberamente un’opinione. In questo fatto nudo e crudo, doloroso e spaventoso, non c’è né destra né sinistra: c’è solo la ferocia cieca dell’intolleranza, che si nutre dell’odio e sopprime la persona”, ha detto il sindaco Moreno Romanelli.
“Ramelli fu una vittima della stagione più buia della nostra Repubblica, gli anni di piombo, in cui il confronto politico degenerò in violenza sistematica. Una stagione in cui si moriva per un volantino, per una maglietta, per uno sguardo. In quel tempo, come oggi, ogni morte era una sconfitta della democrazia e dell’umanità. Ricordare Ramelli, allora, significa ricordare tutte le vittime della violenza politica, da qualunque parte provenissero. Perché il dolore non ha colore, né appartenenza. La vita umana, in quanto tale, deve essere posta al di sopra di ogni differenza ideologica”.
“Non si tratta di celebrare un’ideologia – ha aggiunto il primo cittadino asolano -. Non si tratta di riscrivere la storia o di equiparare fascismo e antifascismo. Si tratta di fare memoria di un ragazzo che aveva il diritto, come chiunque altro, di vivere, di studiare, di sbagliare, di cambiare idea. Sergio Ramelli non era un criminale, non era un violento, non era un persecutore: era uno studente. In lui non c’è nulla da glorificare politicamente, ma tutto da onorare umanamente. Intitolare una via a Sergio Ramelli non significa dunque legittimare posizioni nostalgiche o riscrivere la memoria resistenziale. Significa, invece, riaffermare un valore comune a tutte le culture democratiche: il diritto alla parola, il rifiuto della violenza, la sacralità della vita. È un gesto che può e deve appartenere a tutti: ai figli della Resistenza, ai difensori della libertà, ai democratici di ogni orientamento”.
“Nelle democrazie mature, si ricordano le vittime, non le appartenenze. L’Italia ha già compiuto passi in questa direzione. Penso, ad esempio, a Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, due ragazzi di sinistra assassinati a Milano nel 1978, in un agguato politico di estrema destra rimasto impunito. Giovani che sognavano un mondo più giusto e che furono strappati alla vita per le loro idee – ha concluso Romanelli – Penso a Giorgiana Masi, studentessa diciannovenne uccisa a Roma durante una manifestazione pacifica del partito radicale a cui si erano uniti membri della sinistra extraparlamentare nel 1977. Stava esercitando un diritto democratico: quello di scendere in piazza e farsi sentire. Anche il suo assassinio è avvolto nel mistero e la matrice mai chiaramente individuata, ma la sua memoria vive come simbolo della libertà soffocata”.