Cinghiali, in Lombardia 9mila assalti in 10 anni. Col lockdown la presenza in Italia cresciuta del 15%

MILANO – Sono almeno novemila in dieci anni gli assalti dei cinghiali in Lombardia che hanno devastato le campagne e provocato incidenti stradali: questo quanto emerge da una stima di Coldiretti lombarda sulla base dei dati regionali in occasione della protesta di centinaia di agricoltori in piazza Città di Lombardia a Milano.

Una situazione che si è aggravata di anno in anno ed è ormai diventata insostenibile, spiega la Coldiretti regionale che al presidio milanese ha allestito un’esposizione con alcune delle produzioni agricole maggiormente attaccate da questi ungulati: dal fieno, la cui qualità è compromessa dall’andirivieni di questi animali sui prati, al mais, le cui semine vengono decimate se non azzerate; dalle patate ai piccoli frutti che sono ricercati come cibo, ma anche il riso che viene schiacciato dal loro passaggio, le vigne dove le piantine più piccole vengono sradicate mentre il frutto maturo viene mangiato. Danni si registrano anche negli uliveti – spiega la Coldiretti Lombardia – con i cinghiali che scavano vicino alle radici delle piante, pregiudicandone la tenuta.

Oltre ai danni più visibili, infatti, i cinghiali sconvolgono l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico e non risparmiano i muretti a secco, la cui arte è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’Umanità. Senza dimenticare il pericolo per la diffusione di malattie evidenziato dallo stesso Piano di sorveglianza e prevenzione per il 2021, pubblicato dal ministero della Salute, che ribadisce come i cinghiali abbiano una responsabilità fondamentale per la diffusione della Peste Suina Africana (Psa) e dunque una delle misure necessarie in Italia è la gestione numerica della popolazione di questi animali. “L’azione dunque secondo il Piano – continua la Coldiretti – deve essere indirizzata alla riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Con l’emergenza Covid, che ha ridotto per mesi la presenza dell’uomo all’aperto, i cinghiali proliferano – spiega la Coldiretti – e dopo il lockdown hanno raggiunto in Italia la cifra record di 2,3 milioni di esemplari con un aumento a livello nazionale del 15%, secondo stime della Coldiretti. Le limitazioni imposte dalla pandemia – continua la Coldiretti – hanno spinto ancora di più questi selvatici verso le città alla ricerca di cibo tra i rifiuti, nei parchi e addirittura nei cortili delle case con evidenti rischi della salute. E’ di poche settimane fa, ad esempio, la notizia di un grosso cinghiale ripreso nelle ore notturne per le strade di Borgo Ticino, nella città di Pavia, mentre nell’ottobre scorso un branco di sei cinghiali è arrivato addirittura alla Darsena di Milano risalendo il corso del Naviglio”.

Animali che costituiscono un pericolo anche per la sicurezza delle persone anche su strade  autostrade provocando così schianti e incidenti. Nell’anno del Covid, secondo un’analisi della Coldiretti su dati Asaps, a livello nazionale il bilancio dell’invasione di cinghiali e selvatici è stato di un incidente ogni 48 ore con 16 vittime e 215 feriti. La riparazione delle recinzioni danneggiate o l’installazione provvisoria di reti elettrificate servono a poco o a nulla mentre l’impatto ad alta velocità di un’auto o di una moto contro la massa di un cinghiale adulto può avere conseguenze fatali e drammatiche per conducenti e passeggeri. Quelle dell’alba e del crepuscolo sono le ore più a rischio, con i branchi di cinghiali che si muovono razziando cibo nelle periferie urbane o distruggendo campi e colture, riuscendo a percorrere fino a 40 chilometri alla volta.

“Il problema – sottolinea la Coldiretti – è che non sempre i cinghiali rimangono sul luogo dell’incidente, visto che l’animale anche ferito si rifugia nella boscaglia o nei prati, oppure succede che lo schianto contro un albero, un cippo chilometrico o lo sbandamento e l’uscita di strada si verificano proprio per evitare l’impatto con l’animale che scappa senza lasciare tracce. All’automobilista, sempre che non debba essere portato in ospedale, non rimane che chiamare il carroattrezzi e rassegnarsi a pagare i danni senza neppure poter denunciare l’accaduto considerata la mancanza di prove”.

Un serio problema per cui la Coldiretti a livello nazionale chiede che le Regioni si coordinino strettamente con lo Stato e operino in modo risoluto per attuare le misure previste per il controllo e il contenimento dei cinghiali, affinchè:
• gli agricoltori possano avanzare richiesta di intervento e procedere direttamente in quanto muniti di apposita licenza;
• l’attività di coordinamento delle azioni di contenimento e prelievo spettino alla polizia municipale e provinciale;
• gli agricoltori vengano coadiuvati dalle stesse forze dell’ordine, da guardie venatorie volontarie ma possano delegare le attività a cacciatori abilitati iscritti all’apposito registro regionale;
• il calendario venatorio venga allargato fino a comprendere i mesi che vanno da settembre a gennaio;
• che la regia complessiva di tali azioni di contenimento e prelievo sia affidata al prefetto in quanto “competente per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza”.

“Bisogna inoltre semplificare e digitalizzare le procedure relative alle richieste di intervento – afferma Paolo Voltini, presidente di Coldiretti Lombardia – garantire un monitoraggio costante e un controllo anche in ambito urbano, assicurare risarcimenti adeguati per i danni causati e per sostenere interventi di prevenzione”.

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