Coronavirus, scoperto come collegare il respiratore a più circuiti. Si potranno raddoppiare i posti in terapia intensiva

Coronavirus, scoperto come collegare il respiratore a più circuiti. Si potranno raddoppiare i posti in terapia intensiva

MIRANDOLA (MO) – Il professor Marco Ranieri, ordinario al Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna, ha ideato insieme ad alcuni colleghi lombardi un circuito in grado di collegare un solo respiratore per fornire ossigeno a due pazienti, anziché uno solo. Il nuovo dispositivo è stato poi realizzato nel giro di tre giorni da un’azienda di Mirandola, distretto biomedicale modenese, la Intersurgical.

I respiratori polmonari, detti anche ventilatori, sono strumenti che permettono di favorire in modo meccanico l’immissione e l’emissione dell’aria nei polmoni. Si tratta di macchine che possono diventare indispensabili per trattare pazienti che soffrono di insufficienza respiratoria. E proprio per questo, l’epidemia da COVID-19 – malattia che provoca polmoniti e gravi difficoltà respiratorie – ha reso necessario moltiplicare le disponibilità di respiratori nei reparti di terapia intensiva degli ospedali.

Da qui l’idea di Marco Ranieri, docente Unibo e direttore dell’Anestesia e Terapia intensiva del Policlinico di Sant’Orsola. “Insieme al mio corrispondente lombardo Antonio Pesenti, abbiamo cercato soluzioni a questo problema, guardando cosa è stato fatto all’estero e consultando altri colleghi”, dice Ranieri. “E siamo arrivati ad ipotizzare un circuito che consentisse a una sola macchina di ventilare due persone contemporaneamente. Abbiamo quindi chiamato l’azienda Intersurgical di Mirandola, che si è attivata immediatamente per realizzare un prototipo”.

Il primo esemplare di questo “doppio ventilatore” è stato testato nelle scorse ore con successo al Sant’Orsola. “È una notizia che ci riempie di orgoglio”, ha detto Sergio Venturi, commissario per l’emergenza Coronavirus della Regione Emilia-Romagna. “Un’impresa di Mirandola in sole 72 ore ha fornito il primo prototipo che è già stato testato dall’ospedale Sant’Orsola di Bologna: funziona, e nei prossimi giorni saremo in grado di fare gli ordinativi, destinando la strumentazione alle province più colpite dal virus. Una collaborazione straordinaria tra clinici e industria che metterà a disposizione del sistema sanitario un dispositivo preziosissimo in grado di raddoppiare i posti in terapia intensiva“.

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