Covid, positività nelle Rsa. Cgil: “Si rischia di affrontare un’altra ondata, senza il budget della Regione”

Dai tavoli con distanziamento al plexiglass, visite brevi e contingentate. Le Rsa mantovane si organizzano per gli incontri all'interno tra ospiti e parenti

MANTOVA – Dopo i tragici effetti della prima ondata, (più di milleduecento infettati sia fra gli ospiti che fra gli operatori delle Rsa mantovane), stanno iniziando ad arrivare notizie di alcune positività all’interno di almeno un paio di rsa mantovane con conseguente inizio dello screening a tappeto su ospiti e personale. Un campanello d’allarme da non sottovalutare.

Una situazione, in ogni caso, che va a complicarne un’altra già drammatica. “Dopo aver subito i tragici effetti della prima ondata della pandemia di coronavirus – spiega Magda Tomasini di Fp Cgil Mantova – rischiamo ora di affrontare la seconda senza che la Regione Lombardia abbia definito il budget“. Secondo quanto rilevato da Fp Cgil le strutture di assistenza per anziani lamentano, a livello regionale, mancati incassi per almeno 180 milioni di euro durante il lockdown, con il blocco degli ingressi “e la Regione – prosegue Tomasini – continua a tenersi in cassa 60 milioni di euro di contributi non versati da febbraio in poi alle Rsa rimaste tragicamente senza ospiti”. In provincia di Mantova, lo ricordiamo, le 55 strutture per anziani si sono ritrovate con 972 posti vuoti su 4080 totali e con il problema dei nuovi ingressi avvenuti con il contagocce a causa delle complicate procedure previste in estate dalla delibera regionale specifica. Una situazione che ha messo in ginocchio le case di riposo del territorio  dove lavorano 2900 addetti totali che hanno dovuto fare, e stanno facendo, i conti con introiti drasticamente diminuiti in relazione alle minori rette e l’aumento dei costi dovuti all’acquisto di dispositivi di protezione individuale e al rispetto di tutte le procedure e i protocolli anti covid.

Mancano i fondi, ma mancano anche figure professionali fondamentali come gli infermieri. Come già sottolineato da Fp Cgil, è sempre più drammatico il problema della fuga degli infermieri dalle case di riposo verso il pubblico, dove le condizioni contrattuali e i trattamenti economici sono migliori: “Un problema che c’era già in era pre covid – precisa Tomasini – ma che è diventato ancora più pesante con l’emergenza sanitaria”.

“La pandemia – sottolinea ancora Tomasini – ha messo in luce i lati più fragili e critico della sanità lombarda, messa a dura prova dalla violenza con cui il virus ha colpito. Ad avere la peggio sono stati i pazienti anziani ricoverati nelle residenze socio sanitarie e socio assistenziali per anziani e non per colpa di medici, infermieri e personale socio sanitario e assistenziale. Il personale è stato letteralmente abbandonato a combattere senza armi”. Ora bisogna evitare, sottolinea Fp Cgil, che si commettano gli stessi errori della prima ondata e per questo Magda Tomasini, in rappresentanza dei lavoratori delle Rsa e delle case di riposo mantovane, si unisce al grido di aiuto lanciato dal presidente di Uneba nazionale. “Regione Lombardia – prosegue – deve dare risposte e riconoscimento economico alle Rsa e strutture socio-sanitarie del territorio. È necessario – prosegue – aumentare il livello di qualità e sicurezza di queste strutture. S’investa innanzitutto sul personale, sulla formazione e sui dispositivi di protezione individuale. Non vogliamo più distinzioni fra operatori di serie a e di serie b! Vogliamo quello che serve per tutti senza distinzioni!”.

A tal proposito, ben venga l’assistenza domiciliare integrata, ma neL ricercare le soluzioni, non bisogna dimenticare di considerare le trasformazioni sociali subite dalle famiglie negli ultimi 50 anni: “Oggi – conclude Tomasini – abbiamo nuclei familiari sempre più ristretti composti da due/tre persone; molti non hanno figli, pertanto diventa difficile pensare di potersi prendere cura al domicilio di anziani pluripatogici”.