Da Osaka a Porto Mantovano per parlare di inclusione con l’attivista Tomirotti

PORTO MANTOVANO  – Una mattina diversa per l’Associazione Pepitosa in carrozza che, con la Presidente e attivista Valentina Tomirotti, presso la Sala conferenze di Armonia ha accolto una delegazione giapponese di persone con disabilità dell’Associazione Mainstream di Osaka che si occupa di inclusione sociale.

Insieme alla ricercatrice universitaria Ichiki dell’Università di Tokyo, un gruppo di associati, assistenti personali e studenti, sono arrivati fino a Porto Mantovano per incontrare l’attivista Valentina Tomirotti, per conoscere il livello di inclusione che si vive e respira in Italia: dalla socialità, al lavoro, al mondo scolastico, fino a quello famigliare, partendo proprio dalla sua esperienza di vita, per raccogliere buone prassi, realtà e aneddoti che possano aiutare ad implementare nuove modalità anche in Giappone.

Una bella occasione di dialogo che ha posto differenze e punti di forza che rendono i nostri Paesi così diversi sotto il profilo di queste tematiche.

In Giappone, le persone con disabilità che hanno difficoltà a esprimere la propria volontà o che hanno bisogno di un assistente, non sono spesso in grado di lavorare in un’occupazione generale e sono impiegate in un contesto separato da quello delle persone senza disabilità, oppure vivono in case-famiglia o in strutture residenziali.

È emerso come in Giappone sia ancora preponderante l’utilizzo di “scuole speciali” per bambini con disabilità e che l’inclusione faccia fatica ad emergere, “per noi è facile considerare amici solo i nostri assistenti personali”, commenta Kazuya Takeshi della Delegazione.

Ciò che emerge dell’Italia in Giappone, invece, è la formazione di un Paese con un sistema educativo inclusivo e non differenziale, dove il concetto di inclusione sembra essere ben sviluppato, “ma com’è la vita autonoma nella comunità dopo la laurea per le persone con disabilità?”

In particolare, “che tipo di vita scolastica fanno le persone in carrozzina con necessità di assistenza e le persone con disabilità intellettiva, e che tipo di vita comunitaria vivono dopo il percorso scolastico?”, sono alcune delle domande che hanno posto alla Tomirotti per conoscere la realtà e capire cosa riportare in Giappone da mettere in pratica.

“Sono felice che l’immagine dell’Italia, in Giappone, sia così positiva, ma non ho potuto evitare di confermare che non è propriamente la realtà, poiché i problemi di integrazione sociale delle persone disabili è molto faticoso anche nel nostro Paese, dove incide pesantemente l’aspetto economico di sostegno, praticamente assente, mentre in Giappone hanno una rete di supporto molto attiva che non grava su famiglie e caregiver. Da noi anche l’aspetto lavorativo è complicato, basta analizzare i dati di occupazione del collocamento mirato, la scarsa concezione del concetto di autonomia delle persone con disabilità, che sfocia anche nell’applicazione del dopo di noi. Diciamo che dopo il nostro colloquio, si sono sentiti meno soli e hanno capito che abbiamo, ahimè molto in comune”.