Dara si difende: “Soldi bonus Covid mai transitati sul mio conto”. Ma la Lega lo sospende

L'onorevole leghista Andrea Dara
L'onorevole leghista Andrea Dara

MANTOVA – Si difende Andrea Dara, deputato leghista al centro della vicenda “Bonus Inps” da 600 euro. E lo fa con i documenti alla mano, prodotti dal commercialista. Secondo quanto rivelato dalla Voce di Mantova Dara risulterebbe socio di minoranza di un’azienda che ha effettivamente percepito i 600 euro, ma questi non risultano mai essere transitati per il proprio conto corrente, bensì in quelli della ditta, che aveva titolo per chiederli, essendo rimasta chiusa nei giorni del lockdown. Una giustificazione che il parlamentare porterà avanti al proprio consiglio federale di disciplina, dopo che lo stesso leader leghista Matteo Salvini aveva minacciato sospensioni effettivamente attuate.

LA NOTA: “MAI CHIESTO NULLA PERSONALMENTE, BONUS DESTINATI ALLA SNC DI FAMIGLIA”

“Non ho richiesto nulla personalmente – precisa il parlamentare del Carroccio – Ho sostenuto di tasca mia i lavoratori e i fornitori della mia azienda. Ho passato questi ultimi giorni, nei quali il mio nome è stato ripetutamente fatto in merito alla vicenda “bonus”, a ricostruire nel dettaglio quanto è accaduto, partendo dal dato di fatto che mai ho chiesto personalmente nulla all’INPS o a chicchessia”.

Sono socio, con mia madre, in una Società in Nome Collettivo (SnC), con cui operiamo conto terzi nel settore tessile ed in cui mi occupo della sola parte commerciale. Sono intestatario di due conti correnti, uno su cui mi viene accreditato l’emolumento da parlamentare (dal mio Comune non ricevo nulla per il mio ruolo di Vice Sindaco) ed uno dedicato all’accredito di alcuni affitti derivanti dall’eredità lasciatami da mio padre, quest’ultimo viene gestito e controllato direttamente da mia madre e dal nostro studio fiscale”.

“Considerato il periodo di sospensione obbligatoria dell’attività, causa emergenza COVID19, la società necessita di ulteriore liquidità. Su proposta dello studio fiscale avallata dalla mia socia, viene richiesto, come previsto dalla legge art. 28 DL 18/2020, il bonus Partite Iva, attraverso i “pin” nominali dei soci. L’accredito è avvenuto sul conto corrente dedicato agli affitti, di cui sopra e i bonus sono stati girati, insieme ad altre somme, alla società per coprire emergenze nei pagamenti di dipendenti e fornitori, in assenza di pagamenti dei nostri clienti e ritardi nell’erogazione della CIG. Della richiesta specifica del bonus e del suo accredito io non ho avuto informazione e/o evidenza, proprio perché gestita direttamente dall’amministrazione della mia azienda. Di contro, dal mio conto effettivamente personale e che controllo regolarmente, *ho girato in questi ultimi mesi miei personali risparmi* per far fronte agli stipendi e ai contributi dei nostri collaboratori, in difficoltà per i ritardi dell’INPS, e per saldare i nostri fornitori anche loro in difficoltà, pur essendo noi in assenza di incassi.

Questo è quanto, nulla di più, nulla di meno. Se ho sbagliato per una mancata richiesta di informazioni e controllo e per un eccesso di abitudini familiari, sono pronto a risponderne, pur sottolineando che non ci troviamo di fronte a nessun tipo di reato ne di illecito amministrativo. Ne risponderò per il rispetto che porto per le Istituzioni, nazionali e locali, in cui sono stato eletto, per i Cittadini e i miei elettori, per la mia famiglia, per i lavoratori della mia azienda e per il mio Partito”.