MANTOVA – “Evitiamo un danno all’ambiente e tuteliamo il nostro territorio”. La Federazione provinciale del Partito Democratico, con i direttivi dei circoli PD di Asola, Casalmoro, Casaloldo, Mariana Mantovana, Acquanegra sul Chiese, Canneto sull’Oglio e Casalromano, prende posizione contro il nuovo sistema di depurazione del Lago di Garda con scarico delle acque reflue nel fiume Chiese. Un’opera, del costo previsto di circa 230 milioni di euro (di cui 100 stanziati dal Governo), che è da tempo oggetto di battaglie pacifiche portate avanti da associazioni ambientaliste, volontari, comuni cittadini e, in alcune zone, da Comuni di ogni colore politico. Un progetto che contrasta con le decisioni del consiglio provinciale di Brescia e con la posizione di Parlamento e Consiglio europei.
“Che il Chiese diventi il recettore dei reflui del Garda – commenta il segretario provinciale del PD, Marco Marcheselli – è profondamente sbagliato sia dal punto di vista ambientale, poiché la portata del fiume non è in grado di reggere le conseguenze che quello scarico comporta, sia dal punto di vista politico, in quanto non è giusto che un territorio che non gode dei benefici derivanti dal turismo del Garda si debba far carico di oneri che non gli competono”.
“Il fiume Chiese è una risorsa per il territorio che va riconosciuta, tutelata e inserita in un dialogo che metta al primo posto la tutela ambientale e il coinvolgimento dei territori – aggiunge la Consigliera regionale Antonella Forattini – Bisogna recuperare un confronto aperto con le istituzioni, che coinvolga gli enti locali mantovani toccati dal progetto del depuratore, in cui si metta all’ordine del giorno la revisione delle decisioni prese. Siamo consapevoli, come già abbiamo ribadito in sede regionale e non solo, delle evidenti criticità che presenta il Chiese e che vanno tenute in massima considerazione. Attendiamo, quindi, un deciso cambio di impostazione nella gestione di questo progetto”.
Il fiume Chiese, bagnando 31 comuni, rappresenta un elemento vitale per il territorio a cavallo tra Mantova, Brescia e Cremona. Da decenni, quasi tutto il tratto del fiume viene impoverito nel suo deflusso, quasi assente in estate, a causa di derivazioni intensive ai fini soprattutto delle produzioni agricole e delle produzioni elettriche e non può sopportare ulteriori fattori di pressione ambientale. Non possiamo permetterci che ora diventi anche il recettore dei reflui di una comunità che, soprattutto nel periodo di massimo turismo, amplifica il numero di abitanti.
La competenza della gestione dei bacini idrici, in capo alla Provincia di Brescia, è stata commissariata dal giugno 2021 e affidata al prefetto della città per velocizzare i tempi di attuazione. Quest’atto, scavalcando gli enti solitamente preposti, ha di fatto cancellato alcune decisioni democraticamente prese dagli organi provinciali, in particolare non ha rispettato il principio emerso dalla cosiddetta mozione “Sarnico”, approvata con ampia maggioranza in Consiglio Provinciale di Brescia nella seduta del 30 novembre 2020: “Come indirizzo strategico, in merito alle infrastrutture di depurazione, si adotta il criterio, a valere anche sulle opere ancora in corso di progettazione, che persegua il principio generale che gli impianti consortili di depurazione siano localizzati nelle aree territoriali dei Comuni afferenti all’impianto stesso…”. Stesso indirizzo da parte del Parlamento e del Consiglio europeo, attraverso due direttive che prevedono la localizzazione degli scarichi nei rispettivi territori di appartenenza. Non sarebbe così in questo caso: il fiume Chiese e i due paesi in cui si prevede di realizzare i nuovi impianti di depurazione, Gavardo e Montichiari, appartengono a un bacino idrografico diverso da quello del lago di Garda.