Giuliana Sgrena ha presentato il suo libro alla Cgil di Mantova: “Giornalismo in crisi, contaminato dalle fake news”

Folto pubblico per la presentazione del libro di Giuliana Sgrena

MANTOVA – Ci sono i giornalisti “embedded”, che pubblicano solo le notizie che gli passano i vertici militari; poi ci sono quelli che non verificano le notizie, quelli che si limitano a fare il copia e incolla un po’ per pigrizia un po’ per mancanza di risorse, e anche quelli che preferiscono ignorare certe notizie perché scomode. E poi ci sono anche quelli che quando trattano di violenza sulle donne, femminicidi e stupri tendono a farlo in maniera superficiale, a volte descrivendo il carnefice in modo da fornirgli qualche giustificazione. E ci sono Internet e i social media che stanno cambiando il modo di fare comunicazione, nel bene e, soprattutto, nel male. Insomma è un giornalismo che non gode di buona salute quello descritto dalla inviata del Manifesto Giuliana Sgrena nel suo libro “Manifesto per la verità” (ed. Il Saggiatore) presentato questa mattina, giovedì 28 novembre, nella sala E. Motta presso la Cgil di Mantova nell’ambito dell’Assemblea Generale della Fiom.

Giuliana Sgrena, intervistata da Lara Facchi, vicepresidente della Cooperativa Sociale Centro Donne di Mantova, ha iniziato mostrando un video esemplificativo del tema di giornata, le fake news e tutto ciò che ruota intorno a esse. Nel video, che venne diffuso in tutto il mondo, si vede la presa di Baghdad da parte degli americani nel corso della guerra in Iraq con il particolare divenuto ormai celebre dello sradicamento di una statua dedicata al dittatore Saddam Hussein: sembrò che il popolo iracheno fosse in piazza a festeggiare l’evento: “In realtà – spiega Giuliana Sgrena, che in Iraq c’era per realizzare reportage per il Manifesto – in piazza c’erano solo giornalisti, fotografi e reporter. Gli iracheni erano per lo più barricati in casa, impauriti. Una realtà falsificata ma funzionale alla propaganda americana dell’epoca”.

Giuliana Sgrena ha anche spiegato che quando lei è diventata notizia, a causa del suo rapimento da parte di un’organizzazione jihadista avvenuto il 4 febbraio 2005 a Baghdad culminato nel rilascio il 4 marzo nel corso del quale ha perso la vita il dirigente del Sismi Nicola Calipari, ha provato sulla propria pelle “quanto possano essere superficiali certi giornalisti. Quando ero sotto sequestro mi è arrivata un sacco di solidarietà, ma una volta liberata si è insinuata una descrizione di me come di quella che se l’è andata a cercare. Ricordo che Enzo Biagi disse che se fossi rimasta a casa a fare la calza non mi sarebbe successo nulla”.

Un giornalismo in crisi quello di oggi con la carta stampata che ha dimezzato le copie in dieci anni, a favore di Internet e dei social media dove si trova di tutto e dove verificare le notizie è spesso un optional. “La carta stampata – ha detto – potrebbe fare gli approfondimenti, ma non li fa, perché gli editori non investono più. E il sistema dell’informazione oggi è quello dove ci sono free lance pagati 3,5 euro a pezzo”.