“Ho ucciso Yana come lei ha ucciso me”. Così Dima alla sorella Cristina che in aula prova a smontare l’immagine violenta del fratello

MANTOVA – La sua testimonianza era tra quelle più attese, perchè è stata lei Cristina Stratan, 33 anni di origine moldava, ad andare dai carabinieri di Castiglione delle Stiviere per riferire loro del dialogo avuto poco prima con il fratello Dumitru.
Un dialogo che stamani in tribunale a Mantova è stato ripercorso durante una nuova udienza per l’omicidio della 23enne ucraina Yana Malaiko uccisa dall’ex fidanzato nella notte tra il 19 e 20 gennaio 2023.
Dumitru chiede a Cristina di incontrarsi la mattina dopo l’omicidio. E lei acconsente. “Lui era molto giù. Gli ho chiesto se stava male, se c’era qualcosa che voleva dirmi. Gli ho domandato dove fosse Yana. Mi ha risposto: ‘L’ho uccisa come lei ha ucciso me. Mi dispiace'”.
Sulle prima Cristina fa fatica a credergli, sa che il fratello è strano da un po’ di tempo, provato dalla fine della relazione con Yana e che fa uso di droghe: pensa che sia una frase senza troppo senso. Ma guarda in casa e Yana non c’è mentre c’è il cellulare della ragazza (quello da cui aveva ricevuto dei messaggi durante la notte che poi si scoprirà essere stati mandati da Dumitru per depistare sull’omicidio della giovane) trovato sul letto sfatto nella camera degli ospiti della casa. E su un tavolo c’è la telecamera  dell’ascensore. Allora comincia a insospettirsi. Chiama il compagno perchè la vada a prendere, quindi esce dalla casa con il cagnolino Bulka che era stato “l’esca” per l’incontro di Dumitru – Dima per gli amici – con l’ex fidanzata. Porta il cane dalla madre, poi esce e va a raccontare il contenuto del dialogo avuto con il fratello al luogotenente Domenico Miccolis, comandante del Radiomobile della compagnia di Castiglione delle Stiviere. Scatta così l’arresto di Dima. Mentre i carabinieri lo arrestavano ripeteva alla sorella: ‘Diglielo che non ho fatto niente’

Fin qui Cristina Stratan, ripercorrendo le ore del dopo omicidio di Yana, conferma gli elementi già in mano agli inquirenti. Ma con tutto quello che racconta dopo nella sua testimonianza resa davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Mantova, cerca di smontare l’immagine di uomo violento, se non addirittura spietato, del fratello.

Cristina, che per due ore e mezza risponde alle domande del pm Lucia Lombardo, come degli avvocati della difesa Domenico Grande Aracri e Gregorio Viscomi, e della parte civile Angelo Lino Murtas, racconta ad esempio che con Yana aveva un rapporto “quasi da sorella” al punto che nelle settimane prima che questa venisse uccisa la stava ospitando nel suo appartamento nel “grattacielo” di Castiglione delle Stiviere dove al piano terra c’era il bar di sua proprietà in cui la giovane ucraina lavorava. Proprio in virtù di questo legame “l’aveva messa in guardia su Andrei Cojocaru” l’altro giovane moldavo che Yana aveva iniziato a frequentare dopo aver lasciato Dima. Cristina spiega che anche lei aveva avuto una relazione con Andrei e che questi avrebbe avuto “comportamenti molto violenti con una sua ex fidanzata”. Non si fa attendere la smentita di Andrei, anche lui oggi in aula, davanti agli avvocati al punto che non si eclude possa partire una sua denuncia nei confronti di Cristina.

Questa tenta poi di smentire il racconto fatto in aula durante una precedente udienza da un ex fidanzata moldava di Dima, che ha riferito di essere stata massacrata di botte dal giovane durante una vacanza in Moldavia. “Non è vero – dice Cristina – Non l’ha picchiata. Avevano avuto un litigio perché lui l’aveva sorpresa con un altro. La notte poi lei aveva bruciato il borsello e i documenti di mio fratello”. La donna dichiara poi che il rapporto tra il fratello e Yana sarebbe “entrato in crisi perchè non riuscivano ad avere un figlio che entrambi avrebbero desiderato molto”. Secondo la 33enne sarebbe stato questo il motivo per cui Dumitru avrebbe iniziato a stare fuori quasi tutte le notti, trascurando la fidanzata e cominciando anche a far uso di droghe.

Durante la giornata c’è stata poi la testimonianza di Larysa Bodnari, la nonna paterna di Yana, che ha raccontato l’arrivo in Italia della ragazza quando aveva 16 anni. La giovane soffriva infatti di problemi all’intestino ed era stato deciso che venisse a farsi curare in Italia dove la nonna viveva da circa vent’anni e dove si era sposata con un italiano. Yana venne infatti curata e guarita all’ospedale di Treviglio. Visse con la nonna a Romano di Lombardia, in provincia di Bergamo, fino a quando non iniziò la storia con Dima ed andò a vivere con lui a Castiglione.
“Yana aveva voglia di vivere. Abbiamo visto Dumitru a casa nostra una decina di volte in occasione di pranzi. Ma non stava quasi mai in compagnia, usciva spesso a fumare. Yana gli aveva presentato mio nipote Yuri (figlio di Svetlana, sorella di Oleksandr il papà di Yana), lo avevano invitato a casa loro ma lui non c’era mai andato perch  mi aveva detto che rieneva Dima troppo narciso. Poi l’aveva sentito rivolgersi a Yana chiamandola ‘cagna’ e le aveva detto: ‘Se vuoi che ti sposi, devi metterti in ginocchio davanti a me’. E lei aveva risposto: ‘Piuttosto ne trovo un altro'” dichiara la nonna.

Al processo anche oggi non si è invece presentato Dumitru. Sono stati acquisiti i verbali relativi a due suoi interrogatori, il primo in cui si era avvalso della facoltà di non rispondere e il secondo in cui aveva riferito di aver colpito Yana con un pugno allo sterno ma senza l’intenzione di ucciderla. Poi sarebbe uscito dalla stanza e solo una volta rientrato, mezz’ora dopo, l’avrebbe trovata esamine. Una versione dei fatti che non ha mai convinto il legale di parte civile Murtas: troppi gli elementi che, secondo questi, fanno pensare alla premeditazione. Dalla trappola del cane, a quanto emerge dai video delle telecamere, alle minacce dei giorni precedenti fino al tentativo di depistaggio con messaggi falsi inviati a Cristina con il cellulare di Yana dopo la sua morte.
In aula non c’è stata nemmeno la desposizione dello zio di Stratan. Il processo è stato aggiornato al prossimo 11 luglio.

 

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