L’Assemblea generale delle Nazioni ha adottato con 141 voti a favore, 7 contrari e 32 astenuti la risoluzione con cui sottolinea “la necessità di raggiungere al più presto possibile una pace giusta, duratura e complessiva” alla guerra in Ucraina e chiede alla Russia “il ritiro immediato, completo e incondizionato di tutte le forze russe”.
Quattro i punti: “La necessità di una pace completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite”; l’impegno per la “sovranità, l’indipendenza, l’unità e integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti”; “la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe dal territorio ucraino”.
Infine “la necessità di garantire la responsabilità per i crimini più gravi commessi sul territorio dell’Ucraina ai sensi del diritto internazionale”.
Quella adottata alla vigilia del primo anniversario della guerra in Ucraina, è la sesta risoluzione approvata dall’Assemblea generale in 11 mesi dopo quelle del 2 e del 24 marzo, del 7 aprile, del 12 ottobre e del 14 novembre. Le risoluzioni dell’Assemblea generale non sono legalmente vincolanti, ma hanno un peso politico importante. Per domani è prevista una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
C’è anche l’Italia tra i circa 60 Paesi sponsor della risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu adottata a New York. Il testo, sottolinea “la necessità di una pace giusta, duratura e globale” in Ucraina e chiede “il ritiro immediato, completo e incondizionato di tutte le forze russe”.
I CONTRARI E GLI ASTENUTI – Contro la risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu per il ritiro russo dall’Ucraina ed una “pace giusta e duratura” hanno votato sette Paesi: oltre alla Russia, come già avvenuto un altre occasioni, la Bielorussia, la Siria, la Corea del Nord, l’Eritrea e il Mali e il Nicaragua. Trentadue gli astenuti, tra cui la Cina, l’India – nonostante il forte pressing delle ultime ore – l’Iran, Cuba, l’Armenia e poi molti Paesi africani, dal Congo all’Uganda, e poi il Kazakistan e l’Uzbekistan.