VIADANA – La Giornata del ricordo, istituita il 10 febbraio è nata al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
“Le storie di confine sono sempre complesse e quella del confine orientale dell’Italia, come quella dei confini della ex Germania nazista, non fa eccezione – commenta la nota diffusa dell’Anpi Viadanese “Lucia Sarzi” – la lettura dei documenti, non solo dell’epoca, ma anche contemporanei (legge del Parlamento italiano che istituì 20 anni fa la Giornata del Ricordo, le delibere recentissime della Giunta della Regione del Friuli Venezia-Giulia), restituisce ai fatti incriminati una dimensione storica chiara.
Venezia si espanse e diffuse il Veneziano, L’Italia con la Prima guerra mondiale si espanse e “italianizzò”. Due passaggi fondamentali, ma non gli unici nell’analisi dei fatti, che si susseguono, durante la Seconda guerra mondiale, che vide l’affermarsi del Movimento partigiano jugoslavo di Tito, forza militare riconosciuta come legittima dalle potenze alleate vincitrici”.
Le “foibe” sono due momenti distinti di violenza contro persone inermi, funzionari pubblici, intellettuali, giovani e anziani, non solo ex fascisti. Il primo avviene nel 1943, dopo l’8 settembre, nella parte interna dell’Istria. Sono circa 400-500 persone, quasi tutti uomini adulti di nazionalità italiana. La seconda fase di violenza è parte della colossale resa dei conti che avviene nel 1945, a fine guerra, in tutta Europa. Qui le vittime (circa 3.500-4.000, provenienti da tutta l’area di confine Italo-Jugoslavo) sono militari e funzionari fascisti che avevano collaborato con i nazisti, ma anche popolazione civile con la sola colpa di essere di nazionalità italiana.
“Ancora una volta il fanatismo nazionalista, la violenza indiscriminata contro i civili, la ferocia vendicativa ebbero il sopravvento su una idea di futuro di democrazia – prosegue l’Anpi – l’orrore delle foibe non ci deve far dimenticare i nostri caduti in quelle terre, coloro che tornarono nel giugno del 1945, e il dramma degli Esuli istriani, dalmati e di Fiume che furono costretti ad abbandonare le loro terre; oggi le generazioni sopravvissute a quel drammatico momento storico vivono con noi e fanno parte delle nostre comunità italiana ed europea”.
È importante inserire l’analisi di questo dramma nelle grandi questioni interne al conflitto sul fronte orientale: le violenze del fascismo, potenza occupante, il trauma dell’armistizio dell’otto settembre 1943 e le scelte di Resistenza dei singoli reparti e soldati, appartenenti alle 17 divisioni dell’Esercito italiano con circa 350000 uomini che, dopo questa data, si dispersero in mille rivoli, fra cui la partecipazione alla Resistenza jugoslava. Molti osteggiando la collaborazione con i tedeschi, consegnarono i loro destini alla via della deportazione e altri scelsero la strada delle armi per combattere il vecchio alleato tedesco. Questo significò plasmare un’alleanza complicata con l’esercito jugoslavo, segnando di fatto un’ulteriore rottura con i collaborazionisti. Ma ciò non impedì il crimine folle e ingiustificato delle “Foibe”.
“Oggi – conclude la nota dell’Anpi – ricordiamo anche i viadanesi attivi sul fronte orientale, quelli presenti nelle divisioni jugoslave che morirono e coloro che tornarono:
Agide Bonassina, morto in Montenegro nella Divisione Garibaldi, ex Divisione Venezia del R.E.
Giovanni Mazzola, morto in Slovenia nella Divisione Garibaldi Natisone
Domizio Chiva appartenente alla Divisone partigiana Jugoslava Garibaldi
È bene coltivare il ricordo di questo come di altri eccidi, per fare i conti adeguatamente con la storia, ma anche per aver chiara una idea di futuro, di pace e collaborazione fra i Popoli e gli Stati”.