MARCARIA – Il lungo sonno della locomotiva inabissata nell’Oglio sta per finire, dopo 81 lunghi anni: stavolta tornerà da dove è partita.
Da decenni infatti, quando l’Oglio si ritira per la siccità, riemerge la memoria. Sotto il vecchio ponte ferroviario tra Marcaria e Bozzolo, affiorano la fiancatina e il respingente arrugginito di un carrello porta carbone, superstiti visibili di un disastro che l’11 ottobre 1944 costò la vita a due ferrovieri. Il ponte, bombardato e ricostruito più volte dalla Tot, presso la quale lavoravano operai italiani per conto dei tedeschi, era in condizioni precarie. Quel giorno, un treno merci carico di legname tentò l’attraversamento: l’idea, visto lo stato del ponte, era quello di mandare l’aiuto macchinista Nello Damiani, di 39 anni, avanti a piedi, mentre il macchinista, Angelo Fincato, di 45, avviato il treno lentamente, sarebbe saltato giù appena imboccato il manufatto. I tedeschi, invece, li obbligarono a salire sul locomotore e i due persero la vita a bordo del treno, che sprofondò nel fiume in piena. I tre vagoni furono recuperati, ma la locomotiva DR 56-20 e il carrello restarono sul fondo, imprigionati nel letto del fiume. Ci vollero due giorni per recuperare il corpo di Fincato, otto per restituire alla famiglia quello di Damiani.
È nel 2024 che, nell’ambito dei lavori per il raddoppio ferroviario Piadena-Mantova, è iniziata una campagna di indagini per individuare l’esatta posizione del relitto. La Bozzoliana, società che gestisce il cantiere per conto di RFI, ha predisposto una serie di rilievi con georadar montato su imbarcazione, per esplorare il tratto di fiume dove si ipotizzava giacesse la locomotiva, tra le pile del nuovo ponte in costruzione.
Ieri è arrivata la conferma: la locomotiva tedesca DR 56-20 è stata localizzata, e sarà recuperata a giugno. Il progetto, firmato dal raggruppamento di imprese Pizzarotti, Saipem, Icm e Salcef, prevede un intervento straordinario. Prima la bonifica bellica e il dragaggio del fondo, poi un catamarano attrezzato solleverà il relitto da 85 tonnellate, lungo 17 metri e alto 4, per trasportarlo a riva. Lì, una gru lo solleverà definitivamente e lo depositerà in attesa della destinazione finale. È un’operazione unica, che unisce ingegneria e memoria, per restituire alla storia un pezzo rimasto nascosto per oltre 80 anni.