MANTOVA – Un centinaio i ragazzi in piazza Sordello questa mattina per la protesta, lanciata da Rete degli studenti medi di Mantova, contro il ritorno alla maturità con due prove scritte e l’orale. “Non si tiene conto delle difficoltà degli ultimi anni, un esame privo di senso – denunciano gli studenti – Il ministro continua a non convocarci per prendere le decisioni, per questo siamo disposti a mobilitarci finché questo non avverrà”.
Le proteste si sono tenute un po’ in tutte le città. Quella nazionale a Roma dove il coordinatore nazionale dell’Unione Degli Studenti Luca Redolfi ha dichiarato: “Una proposta che se confermata, fa ben capire che il ministro non ha idea di ciò che è successo nelle scuole negli ultimi anni e qual è la situazione ora. Non vengono considerate le difficoltà didattiche, dell’apprendimento ed emotive vissute”.
“Da mesi le studentesse e gli studenti del Paese si mobilitano esprimendo la necessità di cambiare il modello di scuola nel nostro paese – ha sottolineato Redolfi – Il ministro continua però a non ascoltare le studentesse e gli studenti e a non convocare le associazioni studentesche. Per questo oggi eravamo nelle piazze di tutto il Paese e la prossima settimana e venerdì 11 continueremo a mobilitarci in tutte le piazze del paese finché non ci sarà data la voce che ci spetta”.
A Mantova gli studenti scesi in piazza erano soprattutto delle quinte classi dell’Istituto tecnico “Mantegna”, del liceo artistico “Giulio Romano” e del liceo classico “Virgilio” anche se vi erano piccole rappresentanze pure di altre scuole.
Gli studenti si sono radunati davanti a Palazzo Bonacolsi e lì alcuni di loro hanno preso la parola per ribadire le ragioni del loro no a un “esame di maturità con i due scritti dopo due anni passati tra didattica a distanza alternati a periodi con lezioni fatte un poì in presenza e un po’ in dad ma comunque sempre in condizioni non ottimali per l’apprendimento”
A sostenere la mobilitazione anche la Cgil e la Flc secondo i quali non devono essere “gli studenti a pagare le conseguenze di tre anni di didattica discontinua, in presenza, a distanza, mista. Tre anni in cui le misure del Governo non hanno saputo fronteggiare tempestivamente l’emergenza sanitaria minando il diritto all’istruzione e facendo ricadere tutte le difficoltà di gestione scolastica causate dalla pandemia sugli studenti e sul personale scolastico, che hanno sempre dimostrato un grande senso di responsabilità”.
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