‘Ndrangheta sui fondi post sisma nel Mantovano con il pubblico ufficiale “Mr 3%” nipote del boss: 10 arresti

OLTREPO’ MANTOVANO – Avrebbero agevolato una cosca ndranghetista che lucrava sui fondi post sisma per la ricostruzione di edifici privati danneggiati in alcuni dei comuni mantovani inseriti nell’area del cosiddetto “cratere”: Poggio Rusco, Borgo Mantovano, Magnacavallo, Sermide e Felonica.
Concussione, abuso d’ufficio, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, intestazione fittizia di società, con l’aggravante apppunto delle finalità mafiose, per aver agevolato la cosca ndranghetistica dei Dragone: queste le accuse mosse nei confronti di dieci persone che sono state arrestate (ad eccezione di una che oggi era ancora ricercata). Lampia indagine ha visto impegnati i carabinieri di Mantova nella provincia virgiliana oltre che in Emilia Romagna, Veneto e Calabria. L’operazione denominata Sisma ha consentito di costruire un solido quadro indiziario in ordine ai gravi reati che sarebbero stati commessi nell’ambito delle procedure per la concessione di “fondi sisma”.
Decine anche le perquisizioni in abitazioni e in studi tecnici di professionisti interessati dalle indagini in varie regioni italiane nell’operazione chiamata ‘Sisma’.

Un pubblico ufficiale nipote di un boss al vertice del business criminale

“Al centro dell’indagine il 36enne Giuseppe Todaro, nipote di uno storico boss, architetto libero professionista, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore presso i suddetti comuni terremotati dall’agosto 2014 al dicembre 2021. Suo nonno materno è Antonio Dragone, “indiscusso capo bastone della cosca, ucciso nel contesto di un agguato ‘ndranghetistico a Cutro il 10 maggio 2004”. Si tratta di un tecnico assunto a tempo determinato per gestire le pratiche della ricostruzione. Il suo ufficio era collocato presso l’allora Comune di Villa Poma (poi Borgo Mantovano dopo la fusione con Revere e Pieve di Coriano). L’uomo aveva il compito di verificare, svolgere istruttorie e rendicontare, oltre che autorizzare i “pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati dalla Regione Lombardia, per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012”.
“Io come ditta non posso lavorare nel sisma perchè mio nonno era mafioso….” “Io da sei anni sono il Rup (Responsabile unico del procedimento ndr) di Poggio Rusco, Villa Poma, Magnacavallo, Serrmide….) Io sono chi realizza la pratica, chi realizza le ditte e chi fa l’ordinanza di concessione…” se te ne prendi sessanta, settanta grazie a un mio agire sei contento o no?…” Sai che nella vita devo fare il capo, io? Il capo o niente. Facendo tanti imbrogli ho fatto la vita, ho speso, ho messo 150 mila euro da parte. A Cutro mi vedono come un eroe. Tutto per la storia di mio nonno”. Così parlava l’architetto Giuseppe Todaro, per anni tecnico istruttore dei comuni terremotati.

Contributi “gonfiati” fino a quasi 1 milione di euro

Le altre figure professionali, architetti e ingegneri, imprenditori e soggetti del sistema bancario,  così come i privati beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero interfacciati con lui, secondo uno schema ben collaudato: in cambio, una “tariffa” del 3% del contributo elargito, per garantirsi la trattazione della propria pratica, “in violazione dell’ordine cronologico e con aumenti dell’importo del contributo pubblico a fondo perduto, in un caso gonfiato a 950mila euro, invece dei 595mila come originariamente stabilito.
Le contestate ipotesi di concussione prevedevano che il contributo pubblico venisse elargito ai richiedenti solo a condizione che costoro affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al citato tecnico istruttore e al padre di questi. Le indagini avrebbero messo in evidenza che tali società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione (proprio per i legami con la ‘ndrangheta) nella cosiddetta “white list”.

Gli arrestati 

In carcere sono finiti: Giuseppe Todaro (Crotone, 2.9.1986 ora residente a Reggiolo); Raffaele Todaro (Cutro, 13.5.1962  ora residente a Peschiera del Garda); Felice D’Errico (Villa di Briano, 6.7.1965 residente a Mirandola (Mo); Giuseppe Di Fraia (Casaluce, 7.4.1967 residente a Poggio Rusco). Mandato di arresto anche per un architetto ostigliese  al momento ancora ricercato.

Ai domiciliari ci sono invece: Pierangelo Zermani (Medesano, 18.6.1957); Monica Bianchini (Ostiglia, 5.1.1965 residente a Ostiglia); Antonio Guerriero (Napoli, 25.10.1974 residente a Mantova); Enrico Ferretti (Reggio Emilia, 10.2.1975 residente a Guastalla (Re); Carlo Formigoni (Revere, 2.10.1950 residente a Revere);

C’è poi un indagato a piede libero, un 54enne residente a Gonzaga che fino a questo momento non sarebbe stato rintracciato.

I sequestri 

Disposto a carico degli indagati anche il sequestro delle società fittiziamente intestate, delle provviste bancarie e di beni mobili e immobili per un valore di circa 2 milioni di euro, costituenti il ritenuto prezzo e il profitto dei reati contestati.
Parallelamente la Guardia di Finanza di Mantova, delegata a riscontrare condotte di natura penal–tributaria, con particolare riferimento all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha provveduto con i Carabinieri all’esecuzione di perquisizioni a carico di alcuni degli odierni indagati.
I carabinieri anche oggi hanno eseguito poi sequestri di pratiche nei Comuni coinvolti. Non tutte le pratiche gestite interamente o parzialmente da Todaro sarebbero però state sequestrate: gli inquirenti si sarebberon infatti concentrati su alcuni casi specifici.

Lunghe attività di intercettazione e di pedinamento dei carabinieri 

Gli approfondimenti investigativi, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia e condotti dai Carabinieri di Mantova sono stati resi possibili da prolungate attività tecniche d’intercettazione, anche con captatore informatico, dai servizi di osservazione e pedinamento e dalla disamina della documentazione amministrativa relativa alle pratiche di finanziamento pubblico.

L’indagine arriva dopo che la precedente “Pesci” aveva portato a rilevare gli interessi della cosca Grande Aracri nell’area mantovana-reggiana che si era conclusa con numerosi arresti e condanne. Ora con l’indagine “Sisma” viene prospettata in chiave accusatoria la rinnovata influenza, nella stessa area, della cosca Dragone, cui alcuni dei principali indagati sarebbero imparentati.

Le vecchie contrapposizioni tra cosche superate in nome dei soldi

Nel presentare la figura di Raffaele Todaro, padre di Giuseppe, il tecnico secondo l’accusa al centro delle attività criminali, il gip distrettuale sottolinea che persistono rapporti tra i Todaro e la famiglia di provenienza e, più in generale, con soggetti (insediati nel Reggiano o nelle aree limitrofe) affiliati o comunque collegati alla cosca Dragone e alla stessa cosca Grande Aracri, da sempre contrapposta a quella dei Dragone. Una circostanza, si legge nell’ordinanza, che “non deve sorprendere, considerando che – specialmente nei territori di più recente insediamento mafioso e a maggiore vocazione imprenditoriale – il profilo affaristico del sodalizio è destinato a prevalere (salvo casi eccezionali) su quello, per così dire, “azionista”’. Dunque gli affari e la possibilità di guadagnare grandi somme di denaro prevalgono sulle vecchie contrapposizioni tra cosche.

L’indagine partita da un esposto di Regione Lombardia dopo le lamentele di un geometra

L’intera indagine sarebbe partita dagli uffici della Regione Lombardia attraverso una prima segnalazione con la presentazione di un esposto trasmesso dalla “Struttura commissariale per l’emergenza e la ricostruzione di territori lombardi colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012”, nel quale erano raccolte le lamentele di un geometra per i comportamenti di Todaro.
Il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, nel ringraziare chi a vario titolo ha contribuito a smantellare questa organizzazione criminale, ha tenuto a ribadire come il tutto sia partito proprio da un esposto trasmesso dalla Struttura Commissariale.

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