Quei giorni indimenticabili del giugno ’91. Nel centenario di S.Giovanni Paolo II il ricordo della sua visita a Mantova

MANTOVA – E’ il papa che disse “non abbiate paura” a un mondo che di paura ne aveva tanta. E di quel mondo è stato grande protagonista, per ben ventisette anni, tanto è durato il pontificato di Karol Jozef Wojtyla, del quale oggi ricorre il centenario della nascita (Wadowice, Polonia, 18 maggio 1920).
E’ stato il 264° papa della Chiesa Cattolica, eletto il 16 ottobre 1978. Sei anni dopo la morte, che risale al 2 aprile 2005, è stato proclamato beato (1 maggio 2011) dal suo successore Benedetto XVI; il 27 aprile 2014, insieme a papa Giovanni XXIII, è stato proclamato santo da papa Francesco che questa mattina durante la messa ha indicato i tre tratti che hanno caratterizzato Giovanni Paolo II: “la preghiera, la vicinanza al popolo e l’amore per la giustizia”.
“San Giovanni Paolo II era un uomo di Dio perché pregava tanto: tanto tempo di preghiera. Sapeva che il primo compito del vescovo è pregare -ha detto il pontefice – Il secondo tratto: era un uomo di vicinanza al popolo e ha girato il mondo intero per cercare il suo popolo. E la vicinanza è uno dei tratti di Dio: Dio è vicino al popolo. Una vicinanza che si fa forte in Gesù. Un pastore è vicino al popolo, in caso contrario è solo un amministratore. Giovanni Paolo II ci ha dato l’esempio di questa vicinanza: ai grandi e ai piccoli, ai vicini e ai lontani. Poi era un uomo che voleva la giustizia: la giustizia sociale, la giustizia dei popoli, quella che caccia le guerre, ma una giustizia piena e per questo parlava della misericordia: perché non c’è giustizia senza misericordia, vanno insieme”.
E i tre tratti indicati da Francesco furono chiaramente percepibili durante la sua visita a Mantova il 22 e 23 giugno 1991. Un evento indimenticabile che si contraddistinse fin dal giorno in cui venne annunciato per la sua durata: le sue visite alle diocesi italiane duravano solitamente un giorno ma a Mantova volle restare due, per rendere omaggio a San Luigi Gonzaga, patrono della gioventù. Lui che ai giovani diceva: ““Voi siete l’avvenire del mondo, la speranza della Chiesa. Voi siete la mia speranza”, lui che tra le sue invenzioni più belle diede vita alle Giornate mondiali della Gioventù ma a chi glielo diceva rispondeva: “Sono i giovani stessi che hanno inventato la Gmg”.
Ma a Mantova arrivò anche il Papa della giustizia sociale e questo tema tornò praticamente in ogni suo discorso di quei due torridi giorni del giugno di 29 anni fa e arrivò il papa della vicinanza, lo esplicò in ogni suo gesto, in ogni sua parola.
Nel giorno del suo centenario vogliamo ricordarlo con un video che riassume i momenti principali della due giorni mantovana di San Giovanni Paolo II e propone alcuni stralci dei suoi interventi: l’arrivo in città con il discorso in Piazza Erbe, il momento in Sant’Andrea con la preghiera davanti ai Sacri Vasi, la visita alla Casa del Sole, il memorabile incontro con i giovani a Castiglione della Stiviere con quelle parole ripetute più volte “abbiate il coraggio della verità, la verità vi farà liberi”, poi la messa in Piazza Sordello, l’Angelus dalla Torre dell’Orologio, l’incontro con i rappresentanti del mondo economico nel piazzale della Belleli sotto un sole cocente che diede lo spunto a Wojtyla per scherzare e improvvisare un discorso più corto di quello ufficiale ma quantomai diretto e efficace.
E poi l’ultima tappa a Grazie di Curtatone con la preghiera all’interno del Santuario: la sua devozione verso la Madonna era sconfinata.
Tanti momenti, tutti con il Papa attorniato da tante gente che lui salutava, accarezzava, benediva e quando c’era un bambino ecco che non mancava mai un bacio sulla fronte …
A ricordare la visita del Papa ci aiuta chi ne fu protagonista, il vescovo emerito di Mantova monsignor Egidio Caporello, che fu sempre a fianco del pontefice, e l’allora sindaco del capoluogo Sergio Genovesi.

IL VESCOVO EGIDIO CAPORELLO: “IN QUELLE TORRIDE GIORNATE IL PAPA FU COME UN RUSCELLO CHE SI DIRAMAVA IN TUTTE LE DIREZIONI DELLA NOSTRA TERRA”

Nel centenario di San Giovanni Paolo II il mio pensiero va alla Visita Pastorale che il Santo Padre compì in terra mantovana nel 1991. Qui, sostò in preghiera, con noi, per ben due giorni (22-23 giugno).
Ci sorprese fin dall’arrivo con il saluto alla città: “Non chiudetevi nel recinto angusto del vostro benessere …”.
Ci incantò con il suo raccoglimento davanti ai Sacri Vasi esposti per la circostanza in Sant’Andrea: “Gesù ha costituito la Chiesa per vivere in essa senza isolarla dalla gente, ma inserendola nel cuore del mondo”.
Ci rallegrò con i giovani che lo salutavano cantando ed agitando festosamente i loro cappelli a Castiglione delle Stiviere: “Carissimi giovani, sull’esempio di San Luigi Gonzaga, cercate Dio! Cercate innanzitutto Dio! Ciò significa alimentare il coraggio delle scelte della vita cristiana; quelle scelte che vi possono donare l’autentica libertà!”.
Ci commosse con la sua visita alla Casa del Sole: “La vostra istituzione costituisce un inno alla vita che è dono della bontà di Dio anche quando è segnata dalla sofferenza e da tante dolorose infermità”.
Ci emozionò con le sua omelia in Piazza Sordello: “Liberate il progresso economico dai rischi dell’egoismo che lo mortificano. Con la generosità che sempre vi ha contraddistinti, condividete i vostri beni con quanti ne hanno bisogno e domandano aiuto”.
Ci edificò con l’Angelus in Piazza Erbe: “L’esistenza di San Luigi fu un sì a Cristo senza riserve rinnovato nella gioia e nel dolore, imitando Maria la Vergine dell’Annunciazione”.
Ci intrattenne con le parole rivolte al mondo del lavoro: “Il Vangelo ha creato per tutte le epoche un progetto che non cambia nel quale i veri aristocratici non sono quelli dell’origine e del sangue, né quelli dell’avere, sono invece soprattutto quelli della virtù e della carità”.
Ci salutò affettuosamente con la sua preghiera alla Madonna delle Grazie: “Mentre il giorno declina, veglia su di noi Maria, la Donna vestita di sole, la Madre del Redentore, l’icona della Chiesa”.
Sotto un sole cocente, in quelle giornate torride di giugno, la presenza del Papa tra noi fu come una sorgente di acqua fresca, un ruscello che si diramava in tutte le direzioni della nostra terra, tra la nostra gente per portare a tutti e a ciascuno di noi speranza e fiducia.
Le sue parole, pronunciate allora, sono sempre attuali, soprattutto in questo momento di difficoltà, di sofferenza e di dolore.

IL SINDACO SERGIO GENOVESI: “WOJTYLA UN UOMO CHE AMAVA DAVVERO STARE CON LA GENTE”. “ONORATO DI AVER POTUTO STARE PIU” VOLTE VICINO A UN SANTO”

Essere il primo sindaco che a Mantova riceva un papa non è certo cosa da poco, e tra l’altro per trovare l’ultimo pontefice arrivato in terra virgiliana bisognava fare un salto indietro di ben cinque secoli quando la parola sindaco era una perfetta sconosciuta: un grande privilegio dunque per l’allora primo cittadino del capoluogo Sergio Genovesi ma anche un’incombenza non da poco per chi si trova a dover a che fare da un giorno all’altro con gli Uffici della Prefettura della Santa sede e le altre istituzioni vaticane che intervengono durante gli spostamenti del Papa. Figuriamoci poi quando il Papa in questione si era trovato esattamente dieci anni prima tra la vita e la morte per un attentato terroristico.
“Potrei citare un sacco di aneddoti di quei giorni – racconta Genovesi – Mi viene in mente ad esempio il luogo in cui doveva atterrare l’elicottero, lo stadio Martelli di certo non era l’optimum ma nel prato del Castello di San Giorgio dove avremmo voluto non si poteva per motivi di sicurezza e non andava bene nemmeno il Migliaretto. Mi è stata richiesta poi la disponibilità di una decina di appartamenti privati per i tiratori scelti, e quando sembrava finalmente tutto a posto, una settimana prima della visita mi arrivò l’ordine di far sigillare tutti i tombini. Non parliamo poi del mio discorso che andò avanti e indietro dal Vaticano almeno una decina di volte”.
Tra i ricordi di Genovesi ce ne sono due in particolare legati a Piazza Erbe. Il primo perchè il limite della piazza era anche il limite in cui Genovesi potè muoversi il giorno di arrivo del Papa. Lui era un’autorità civile e quindi non gli venne consentito di accompagnare il Santo Padre all’interno della basilica di Sant’Andrea. Ma proprio da Piazza Erbe il giorno successivo Genovesi si prese una sorta di rivincita. Mancava poco all’Angelus dal balconcino della Torre dell’Orologio e, proprio per illustrare l’antico orologio, il professor Rodolfo Signorini era stato fatto salire nel salone di Palazzo della Ragione. Con lui c’erano anche alcuni studiosi dell’Università di Cracovia che erano stati appositamente invitati. Un agente della sicurezza del Vaticano si informò di chi ci fosse nel palazzo, Genovesi fece l’elenco delle persone e questo dopo poco tornò dicendo che monsignor Monguzzi, referente della Santa Sede durante la visita, non voleva che ci fosse gente nell’edificio. Palazzo della Ragione, com’è noto, è di proprietà comunale e quindi Genovesi rispose: ” dica a monsignor Monguzzi che a casa mia decido io chi può rimanere”. Incidente diplomatico tra Mantova e il Vaticano? Niente di tutto questo: l’agente tornò e disse a Genovesi: “monsignor Monguzzi dice che lei ha perfettamente ragione”.
Venendo al significato di quella due giorni e a ciò che ha lasciato, Genovesi cita per tutti un fatto. Il rientro del Papa a Palazzo Vescovile, in serata, dopo la tappa di Castiglione. “C’erano una trentina di persone in Piazza Sordello che al suo arrivo iniziarono a gridare   W il papa. Lui venne fuori e andò personalmente a salutarle. Era un uomo carismatico ma era un uomo a cui piaceva davvero stare con la gente”.
Genovesi ricorda poi i discorsi del papa in cui continuava a tornare la centralità del lavoro e la questione sociale e oggi, riflettendo su quei due giorni e su anche un’altra occasione in cui incontrò Wojtyla, pensa con emozione all’onore nel poter essere stato almeno quattro-cinque volte vicino a un santo. Cosa ha lasciato a Mantova quella visita? “Di certo ha consolidato il rapporto tra le istituzioni della città e la diocesi che poi negli anni è diventato sempre più stretto – spiega Genovesi – Presidente della Provincia era Massimo Chiaventi, con cui la collaborazione era intensa, e ricordo ad esempio un Consiglio Comunale e Provinciale congiunto e aperto a cui il vescovo Caporello ci tenne a partecipare. Fu un segnale importante e anche sull’approvazione di una mozione di quel Consiglio, in cui si condannò la prima Guerra del Golfo che era finita da pochi mesi, credo abbia influito non poco il clima che si era creato dopo l’arrivo del Papa “.