Un grido di rabbia: medici di famiglia in trincea ma disarmati, lasciati soli e costretti a comprarsi guanti e mascherine

Un grido di rabbia: medici di famiglia in trincea ma disarmati, lasciati soli e costretti a comprarsi guanti e mascherine

PORTO MANTOVANO – E’ un grido di disperazione e insieme di rabbia quello che arriva dlla pagina Facebook di Tania Gollini, medico di medicina generale a Sant’Antonio di Porto Mantovano, Portavoce dei Giovani Medici di Mantova e membro della Commissione Giovani dell’Ordine dei Medici di Mantova.
Un grido di una professionista in prima linea ma che denuncia una situazione di completo abbandono e racconta la sua drammatica storia di queste ultime settimane di medico “in trincea” costretta, per difendersi dal contagio, a spendere di tasca propria per i dispositivi di protezione.

Ecco il suo messaggio:

Io penso di non aver mai provato nella mia vita una rabbia così profonda come quella che mi pervade in questi giorni, una rabbia che mi fa giungere a casa con la nausea; quella stessa nausea che mi accompagna quotidianamente a causa dell’odore stordente di alcol etilico impresso indelebilmente nelle mie narici e in quelle dei miei Colleghi, miei poveri compagni di sventura.

Mentre i cittadini non possono rinunciare alla loro passeggiatina (meglio se in compagnia) o alla loro corsetta di salute sotto i raggi di un sole quasi primaverile, noi Medici continuiamo ad affannarci, giorno e notte,per cercare di fare la nostra parte visitando con mezzi di protezione che ormai scarseggiano e cercando di far uscire, come piccoli prestigiatori, posti letto nei corridoi o nei sottoscala degli ospedali ormai prossimi al tracollo.

Dal 24/02 ho speso di tasca mia più di 2.000€ in dispositivi di protezione (guanti, tute da verniciatore, Mascherine, alcol etilico, gel igienizzante) per cercare di tutelare in primis me stessa e i miei pazienti; in queste settimane dalle Istituzioni ho ricevuto solamente risposte evasive o silenzi assordanti.
Nell’ultima settimana ho saltato pasti, ho dormito quattro ore a notte e ho impiegato il mio “tempo libero” cercando di acquistare mascherine online su Amazon ed Ebay, i quali ormai vietano inspiegabilmente ai vari rivenditori la spedizione di questi beni di prima necessità verso la nostra povera Italia.
A complicare questo bollettino di guerra già nefasto, si aggiunge il mio totale disgusto per essere stata truffata da uno sciacallo criminale che non ha avuto il benché minimo scrupolo di coscienza a far pervenire via posta mascherine prive del sigillo in plastica, con sabbia nel filtro o, ancora peggio, scadute da tre anni.

A noi sanitari Lombardi non è permesso eseguire il tampone; poco importa alla nostra Regione se noi operatori sanitari, magari asintomatici, possiamo essere fonte di contagio per i pazienti che dovremmo curare e di cui dovremmo avere cura.

Quando le mie candide ed asfissianti mascherine FFP2 -FFP3 saranno esaurite, chi penserà a tutelare me stessa, la mia famiglia e i miei pazienti?
Cosa ne sarà di tutti noi?

Se non verrà impartito un netto cambio di rotta a questo marciume, non andrà tutto bene.
A differenza di molti non riesco a vedere arcobaleni, riesco solo a pensare al mio caro collega Riccardo che un anno fa mi ha permesso di tornare a camminare e che ora è in rianimazione.

Quelle che scendono sulle mie guance solcate dall’elastico della maschera con filtro sono lacrime amare di chi come cittadina, lavoratrice e Medico rischia la propria pelle lavorando senza tutela alcuna per il bene della collettività.

Noi non siamo eroi, siamo persone perbene che chiedono il rispetto di diritti fondamentali ed inalienabili.
È giunto il momento di fare sentire la nostra voce, il nostro grido in questa guerra fra disperati.
Non vogliamo più essere soli in trincea, vogliamo tornare a vedere gli arcobaleni.

 

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