Una targa in viale Gorizia a ricordo della storia di eroismo dei “Giusti” Luisa e Francesco Rampi

MANTOVA – Una storia di coraggio, generosità e altruismo e insieme una storia di stra-ordinaria solidarietà. Lo abbiamo volutamente scritto così perché chi oggi racconta questa vicenda, l’imprenditore mantovano Paolo Rampi, per tanti anni l’ha considerata invece una storia ordinaria, da tenere all’interno della famiglia.
Solo negli anni più recenti ha compreso che quanto fatto durante la Seconda guerra mondiale dai suoi genitori, Luisa Ungar e Francesco Rampi, non aveva nulla di ordinario, ma fu invece un vero atto di eroismo, e così si deve a lui se questa storia è tornata alla luce. Fondamentale poi è stato il lavoro dello storico mantovano Frediano Sessi che su questa incredibile vicenda ha scritto il libro “Sotto falso nome”.

Tutto ha inizio a Mantova, in una palazzina di viale Gorizia numero 6, negli ultimi mesi del 1943.  Qui vivevano Francesco Rampi e sua moglie Luisa Ungar. Dopo la nascita della loro primogenita, Maria Anita nel 1942, poiché Francesco era stato richiamato nell’esercito e si trovava in Sardegna, Luisa aveva deciso di chiudere la casa di Mantova e di tornare a Fiume, sua città originaria, dove viveva la madre.

Lì Luisa ritrova la sua migliore amica di gioventù Liselotte Gizelt, e il marito di questa Robert Frankl, ebrei che nel 1943, dopo l’occupazione di Fiume da parte dei tedeschi, rischiavano ogni giorno la deportazione. A Luisa Ungar venne così in mente di aiutarli e, d’accordo con il marito Francesco, suggerì loro di scappare a Mantova, prendere temporaneamente la loro identità, e nascondersi nella loro casa. Consegnarono loro anche le proprie tessere annonarie.
L’idea si concretizzò e riuscì: Robert, Liselotte Gizelt insieme ai genitori e al fratello di quest’ultima, riuscirono a rimanere nascosti fino al termine della guerra e si salvarono. Riuscì anche grazie alla collaborazione delle famiglie del vicinato le quali non svelarono mai alle autorità competenti che in quella casa non vivevano i Rampi ma altre cinque persone, di cui tre dovevano rimanere nascoste, visto che i Rampi ci avevano abitato in due.

Oggi pomeriggio, a ricordo della la storia e dell’atto di eroismo dei coniugi Rampi, all’altezza del civico 6 di viale Gorizia, là dove sorgeva la palazzina teatro dello scambio di famiglie, il Comune di Mantova ha posato una targa. Durante la cerimonia è stato Paolo Rampi, affiancato dalla sorella Maria Anita, dal figlio e dalle nipoti, a ricordare la vicenda e a sottolineare il grande senso di solidarietà anche delle famiglie del vicinato, come gli Scaini, i Bellini, e i Ricci che hanno permesso tutto questo pur sapendo del pericolo che anche loro stesse correvano tacendo sullo scambio di persone.
Su questo particolare pure il sindaco di Mantova Mattia Palazzi ha insistito evidenziando che “così come il male può diffondersi perché c’è una collettività che lo sostiene, allo stesso modo la bontà può avere il sopravvento grazie alle azioni di una comunità”.

Alla luce di questa vicenda di eroismo i coniugi Rampi figurano già nell’elenco dell’associazione ’Giardino dei giusti’, riconosciuta dalla Comunità ebraica. Ed è già stata accettata la pratica relativa alla richiesta del loro inserimento nell’elenco ufficiale dei ’Giusti fra le nazioni’ del museo Yad Vashem di Gerusalemme, che include i non-ebrei che hanno agito in modo eroico, e correndo grandi pericoli, per salvare gli ebrei dalla Shoah. A breve Luisa e Francesco saranno dunque due dei circa settecento italiani “Giusti fra le nazioni”.

Nel video Paolo Rampi racconta la storia dello scambio di persone ideato dai suoi genitori che ha permesso di salvare la famiglia ebrea