MANTOVA – Sono tre gli splendidi abiti già esposti a Palazzo D’Arco facenti parte della collezione dei cento caèi del guardaroba della nobile famiglia D’Arco recentemente restaurati. Da domani saranno visibili al pubblico nella sala neoclassica al piano nobile della dimora, interamente dedicata a ciò che la moda racconta: storie di famiglia, sartoria e haute couture.
Ora Mantova ha dunque a Palazzo D’Arco uno spazio pubblico dedicato alla storia della moda e del costume. Stamani si è tenuta la presentazione di questo spazio realizzato grazie al progetto portato avanti da Fondazione d’Arco insieme a Fondazione Comunità Mantovana Onlus, capofila del progetto, e Fondazione Cariplo, unitamente ad aziende, associazioni e privati cittadini come hanno spiegato il presidente della Fondazione Livio Giulio Volpi Ghirardini, il conservatore del Museo Italo Scaietta, Michele Andreoletti, Funzionario di Fondazione Cariplo e il vice presidente di Fondazione Comunità Mantovana Albino Portini.
Abiti e calzature, cappelli, fiori artificiali e delicate piume in un percorso narrativo di 150 anni di storia dagli inizi del XIX secolo alla metà di quello successivo. La protagonista di questo viaggio è ancora una volta la contessa Giovanna d’Arco, donna colta e lungimirante, che nella sua visione museale seppe trovare uno spazio anche per i tessuti e gli abiti, preservando quei capi di valore oggettivo, simbolico ed affettivo, custodendoli negli antichi bauli da viaggio riposti là dove un tempo si trovava “la guardaroba”.
“Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte della contessa Giovanna d’Arco” commenta Italo Scaietta conservatore di Palazzo d’Arco “che è stata la conservatrice ante litteram del suo museo e della memoria della propria famiglia, a lei la Fondazione d’Arco dedica questa nuova sezione di storia della moda e del costume”.
Scaietta ha sottolineato il valore della “Casa museo con la Fondazione che ha l’obiettivo di recuperare tuttò quanto in essa è conservato per renderlo visibile ai visitatori”.
La vetrina dove sono esposti gli abiti, ideata dall’architetto Roberto Soggia, è concepita come “stanza espositiva”per mantenere il carattere evocativo che contraddistingue le sale del museo. Qui gli allestimenti saranno a rotazione con precisi temi e focus temporali, ogni tre mesi circa, per ragioni conservative e per valorizzare al meglio la collezione in continuo dialogo con la dimora e l’intero patrimonio di famiglia: i dipinti e le fotografie mostrano volti e acconciature dei proprietari degli abiti, gli oggetti di uso quotidiano raccontano di consuetudini e gusti legati alle mode imperanti, gli abiti più prestigiosi svelano il nome della sartoria e i periodici femminili di costume e società mostrano puntualmente i cambi di rotta presentando i figurini con le novità dell’Haute Couture e le dive che ne vestono le magnifiche realizzazioni. Le riviste di moda, di cui si conservano oltre 60 titoli, sono la cassa di risonanza delle tendenze che vengono esportate da Parigi in tutto il mondo e la loro diffusione dimostra l’incremento della lettura presso il pubblico femminile che sogna eleganza e buon gusto. A fine Ottocento bastava una rivista di moda per fantasticare e varcare le porte delle ”eleganti”.
A congratularsi con Scaietta e la Fondazione è stato stamani Massimo Cantini Parrini, storico del costume e talentuoso costumista italiano che si è collegato telefonicamente durante la presentazione.
Ecco gli abiti esposti:
Sartoria Filippo Mattina, Roma Completo Smoking in tre pezzi, 1897 ca. Cilindro in lapin nero, 1900 ca. Panno di lana, raso di seta, fettuccia di seta, taffetas, cotone
Completo da sera appartenuto al Conte Antonio d’Arco, composto da giacca, camicia, gilet e pantaloni. Giacca in panno di lana monopetto con revers sciallati in raso di seta e tasche con patta, bottoni fasciati in seta, fodera in taffetas di seta. Gilet con revers sciallati e tre bottoni stessa lana. Pantalone tagliato dritto stessa lana. Camicia in fine cotone inglese ancora perfettamente inamidato allo sparato, collo e polsi. Il cravattino a farfalla completa la mise. Lo smoking è l’evoluzione della smoking jacket. Nata in Inghilterra verso metà ‘800 come giacca o completo maschile usati per preservare gli abiti dall’odore acre del tabacco nel fumoir; diventa sul finire del secolo scorso icona di moderna eleganza per la sera sorpassando il frac ed arrivando ai giorni nostri come unico e indiscusso abito elegante per l’uomo. Il completo è accompagnato da un cilindro in lapin nero pettinato a specchio, firmato internamente dalla Maison de Chapellerie di V. Bessi che aveva sedi nelle più grandi capitali della moda italiane come Roma, Firenze, Napoli e Torino.
Sartoria Maison Finzi, Milano Completo da ricevimento in due pezzi, 1913 ca. Charmeuse di seta, taffetas di seta, seta pelle d’uovo, pizzo meccanico, cotone, perline di vetro e strass
Elegante completo da ricevimento appartenuto alla Contessa Giovanna d’Arco, in charmeuse di seta turchese, è composto da corpetto con scollatura a “V” davanti e dietro e sblusatura mediante gros interno, maniche in pizzo meccanico violetto, ricamo a piccoli riquadri, a guisa di spilla, sul davanti all’altezza del seno in perline e strass. La Gonna jupe entravée, taglio lanciato in Francia da Paul Poiret verso il 1910, è drappeggiata sul lato sinistro ed allacciata dietro, formando un piccolo strascico. Il sarto Carlo Finzi fondò l’omonima casa d’Alta Moda milanese sul finire dell’800, attività che proseguì con i figli Edgardo e Guglielmo detto William fino al 1944, anno in cui entrambi i fratelli furono prelevati da casa in quanto ebrei e deportati nei campi di concentramento nazisti dai quali non fecero più ritorno.
Sartoria francese ignota Robe manteau, 1912 ca. Panno di lana, velluto di cotone, seta, filo di seta dorato
Robe manteau appartenuto alla Contessa Giovanna d’Arco in panno di lana verde smeraldo e velluto di cotone nero. Presenta un collo sciallato davanti e alla marinara dietro e maniche con taglio a “pipistrello”, allacciatura asimmetrica lato sinistro mediante bottone ricamato in filo dorato, stessi ricami presenti al polso e al collo del manteau sul dietro. L’ampia e moderna foggia del capo, sicuramente usato per occasioni molto eleganti, è di gusto francese e ricorda le cappe e robe manteau da sera proposte da Paul Poiret e Paquin verso gli anni ’10 del Novecento: capi ispirati all’oriente e alle lascive vestaglie da casa che rivoluzionarono l’uso del cappotto e delle mantelle da sera usate in precedenza. Il soprabito è foderato in seta verde. Si abbinano guanti neri in pelle e una piccola borsetta in taffetas di seta nero plissettato databile agli anni 30 del Novecento.
Zuchermann, Milano Cappelli, 1907 ca. Velluto, seta, piume di struzzo, ali
Il cappello era un elemento fondamentale del guardaroba di una donna di classe: non si usciva mai di casa senza cappello e non lo si toglieva nemmeno nei ristoranti e teatri. Il modello che andava per la maggiore era il tipo a tesa larga e di colore scuro, dal bordo irregolare, di dimensioni talvolta enormi, ornati di piume o fiori finti. I copricapi attiravano tutta l’attenzione cui poteva aspirare una donna desiderosa di essere notata per il suo stile.
La sala, dedicata alla sezione della moda, è parte integrante del percorso di visita ordinario del museo fruibile con la visita guidata che normalmente accompagna il pubblico. A breve sarà presentato in aggiunta un percorso di visita dedicato solo alla storia della moda e del costume che partendo dalla ritrattistica della ricca quadreria del museo approderà all’esposizione degli abiti.
Nelle prime immagini del video gli abiti oggi in mostra a Palazzo D’Aerco e a seguire altri capi restaurati dalla Fondazione D’Arco