A Palazzo Te si svela il “San Michele” di Rubens, il quadro simbolo della lotta tra cattolici e protestanti

MANTOVA – Un momento emozionante, come sempre accade quando a Palazzo Te vengono aperte le casse contenenti alcuni dei capolavori che poi saranno protagonisti nelle mostre allestite di lì a poco. Ed è quanto accaduto stamani con il “San Michele” di Rubens, il quadro simbolo dell’esposizione non a caso riportato sul manifesto della mostra che sarà visitabile nella villa giuliesca dal 7 ottobre al 7 gennaio prossimi.
Il “San Michele”, possente, armato di folgore, occupa il centro della tela, dipinta nel 1622, e cattura l’attenzione per l’azione che sta per compiere. La posizione del corpo, il drappo rosso che lo avvolge, lo sguardo, l’ala spiegata e la posizione della mano danno movimento e dinamismo al combattimento. Sotto di lui c’è un demone che sta per essere sconfitto e che viene identificato con Lucifero per la torcia e il serpente arrotolato attorno a un braccio.
che sarà la tela.
Il quadro, proveniente dal Museo Thyssen di Madrid, sarà collocato nella sala delle Aquile dove è rappresentata la Caduta di Fetonte “perché – come spiegato dalla cuatrice della mostra Raffaella Morselli – Giulio Romano e Rubens sembrano legati da un filo indissolubile e Rubens si ricorderà della Caduta di Fetonte, dei fulmini di Giove nella Camera dei Giganti e di tutto il racconto che Giulio Romano fa della mitologia riuscendo a trasformarla da favola mitologica a favola storica, facendola diventare quindi un simbolo politico”.
All’epoca della Controriforma queste immagini servirono infatti a rafforzare l’idea di una Chiesa cattolica militante che voleva riaffermare la sua autorità e combattere contro eretici ed eresie. La sfida diretta tra l’arcangelo guerriero Michele e l’angelo maligno Lucifero è lo scontro tra il Papa, sovrano cattolico, e i riformatori protestanti.

L’esposizione a Palazzo Te illustra il percorso dell’artista fiammingo evidenziando quanto le suggestioni intellettuali rinascimentali elaborate negli anni mantovani e italiani siano continuate, evolvendosi, nella pittura della sua maturità, per sedimentarsi come eredità artistica nei suoi allievi. Le opere esposte a Palazzo Te mettono in luce il dialogo con i miti e l’interpretazione di Giulio Romano e, non di meno, la sintonia mai interrotta con il Rinascimento e la favola mitologica: è qui che Rubens tramuta il suo mondo in un linguaggio universale capace di parlare a tutte le corti d’Europa. L’immaginifica popolazione di divinità e di testi antichi inventati e citati da Giulio Romano furono la palestra ideale per il colto Rubens. Sotto il tetto di Palazzo Te si consumò la conversione dell’artista da fiammingo ad italiano: Rubens è l’uomo nuovo universale, che oltrepassa i confini religiosi, geografici e politici, per inventare un nuovo linguaggio che è, a tutti gli effetti, internazionale. Una lingua figurativa europea, la prima della Storia dell’arte.

Ad assistere all’apertura della tela c’erano anche il sindaco Mattia Palazzi, il presidente della Fondazione Palazzo Te Enrico Voceri e il direttore Stefano Baia Curioni che poco prima hanno potuto ammirare una copia contemporanea, realizzata con tecniche di digitalizzazione, della grande pala della “Madonna della Vallicella” la cui tela originale è conservata al Museo di Grenoble.

Ricordiamo che sempre dal 7 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024 Palazzo Ducale  dedica a Rubens il focus “Rubens. La Pala della Santissima Trinità”, incentrato su una delle più imponenti imprese portate a compimento dall’artista: il ciclo delle tre enormi tele per la Chiesa della Santissima Trinità, una delle quali, dopo incredibili vicende, è ancora oggi esposta al Ducale.

Infine, dal 14 novembre 2023 al 18 febbraio 2024 la Galleria Borghese di Roma presenterà “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”. Una mostra che intende indagare come le influenze del suo viaggio in Italia, compiuto nel primo decennio del Seicento, prendano un nuovo decisivo vigore negli anni successivi al suo ritorno in patria, anche grazie ai soggiorni italiani di suoi allievi fiamminghi.