Addio a Stefano Benni: romanziere, poeta e giornalista, “amico” del Festivaletteratura e di Mantova

Immagine da profilo Facebook Festivaletteratura

MANTOVA – E’ morto oggi Stefano Benni. Lo scrittore, giornalista, poeta e sceneggiatore tra i più originali e amati della narrativa italiana contemporanea, è deceduto a Bologna, città dove era nato il 12 agosto 1947: aveva 78 anni. Da tempo lottava contro una malattia che, pur logorandolo nel fisico, non era riuscita a spegnere il suo spirito libero, ironico, affilato.

IL LEGAME CON MANTOVA

Benni era stato molte volte a Mantova per Festivaletteratura: la prima nel 1998, per la seconda edizione della kermesse, con “Blues in Sedici” al Cortile della Cavallerizza. L’ultima nel 2016 per la grande “Festa per i 40 anni di Bar Sport” in piazza Castello. Indimenticabile il suo evento del 2002 quando, sempre alla Cavallerizza, lesse alcuni passi dei suoi romanzi estraendo le richieste da un bussolotto presente sul palco in cui il pubblico poteva avanzare richieste. Benni che legge Benni, un vero spasso. Altrettanto notevole lo spettacolo “Misterioso” che l’anno successivo tenne all’Ariston, tutto incentrato sulla figura di Thelonious Monk, musicista che Stefano Benni venerava, in un viaggio fatto di note al pianoforte e parole.

Tra gli eventi più recenti, quello con Piero Dorfles nel 2011 di nuovo alla Cavallerizza, la partecipazione al “Furioso in Festa” nel 2012, e ancora “Se qualcuno mi chiede ancora a cosa serve la letteratura lo ammazzo” in piazza Castello nel 2014. Infine, la grande festa per Bar Sport nel 2016.

LA PRODUZIONE LETTERARIA

Autore visionario e inclassificabile, Benni ha saputo raccontare il nostro Paese con uno sguardo unico, mescolando satira politica, poesia surreale, invettiva civile e umorismo anarchico. La sua produzione letteraria ha attraversato generi e decenni, senza mai perdere freschezza e originalità, e ha accompagnato generazioni di lettori attraverso mondi fantastici, bar improbabili, ribelli emarginati e profeti visionari.

Con oltre venti romanzi e raccolte di racconti – tutti pubblicati da Feltrinelli – tra cui “Bar Sport” (prima edizione Mondadori, 1976, racconti che decretarono la sua affermazione), “Terra!” (1983), “Baol” (1990), “La Compagnia dei Celestini” (1992), “Elianto” (1996), “Saltatempo” (2001), “Achille piè veloce” (2003), “Margherita Dolcevita” (2005), Benni ha costruito un universo letterario riconoscibile, popolato da personaggi eccentrici e teneramente grotteschi, spesso vittime (ma mai complici) di una società cinica e disumanizzante.

La sua satira, intelligente e mai compiacente, ha trovato spazio anche nel giornalismo: ha scritto per testate come “L’Espresso”, “Panorama”, “Il manifesto”, “La Repubblica”, “Cuore” e “Linus”, contribuendo con la sua penna affilata a smascherare le ipocrisie della politica e della cultura italiana. Fu anche autore televisivo, tra i primi a scrivere per un giovane Beppe Grillo.

Dietro l’umorismo, però, c’era sempre una profonda inquietudine esistenziale, una sensibilità acuta per le ingiustizie del presente e un amore viscerale per la libertà e per l’arte. Negli anni Benni aveva ampliato il suo repertorio scrivendo testi teatrali, poesie, favole, opere musicali e graphic novel. Tra i suoi titoli più recenti: “Giura” (2020), il poema “Dancing Paradiso” (2019) e il docufilm autobiografico “Le avventure del Lupo” (2018). Proprio ‘il Lupo’ era il soprannome che Benni portava con sé fin da bambino, legato all’infanzia trascorsa nei boschi dell’Appennino bolognese e diventato, nel tempo, simbolo di uno spirito solitario, ribelle, indomito.

Stefano Benni era anche un grande sostenitore della scuola pubblica e della cultura come bene comune: nel 2015 rifiutò il Premio Vittorio De Sica, protestando apertamente contro i tagli del governo Renzi all’istruzione e alla cultura. I suoi libri, tradotti in oltre 30 lingue, hanno conquistato un pubblico trasversale, dai lettori più giovani agli intellettuali più esigenti, riuscendo a tenere insieme leggerezza e profondità, impegno e immaginazione. Amico fraterno di Daniel Pennac, fu lui a promuovere la traduzione italiana delle prime opere dello scrittore francese presso Feltrinelli. Il loro sodalizio letterario, basato su stima e affinità narrativa, è uno dei più noti del panorama letterario europeo.