I Sigur Ròs incantano Mantova

MANTOVA – Da sempre insofferenti alle etichette e ai cliché, il frontman Jònsi e soci (tra cui Kjartan Sveisson tornato da poco nel gruppo) suonano melodie incantevoli e sulfuree, tra parole dei testi e nomi impronunciabili o addirittura inventati da loro che si trasformano in formule magiche. E il concerto dei Sigur Ròs inizia proprio mentre tremano le ultime luci del giorno e il palco in Piazza Sordello inizia a brillare di quelle artificiali. Il pubblico batte le mani come un richiamo e la band si palesa con Glòsòli e la sua forza possente, in crescendo. Il falsetto di Jònsi è uno strumento aggiunto e l’archetto con cui suona le corde della chitarra è la miccia per la deflagrazione del primo dei tredici brani in scaletta.

Gli spettatori sono parte di questo rituale sonoro che non è una semplice sommatoria di effetti, un sovrapporsi di riverberi, delay e harmonizers, ma un viaggio cosmico. Così Svefn-G-englar abbraccia il pubblico, ipnotica e minimale. Il “Tjú, tjú, tjú” sussurrato da Jònsi penetra implacabile nelle orecchie e nei cuori.
Ylur è l’unico brano in scaletta tratto dall’ultimo album (Àtta, 2023): la voce eterea ed introversa, anche nella resa dal vivo, è una guida sicura in tempi difficili.
Con Untitled #6 si respira di nuovo l’aria più smaccatamente post-rock degli esordi, il magma di una chitarra sfuggente e di una sezione ritmica onirica cara ai fan di vecchia data.

Luci e visual rispecchiano la poetica dei Sigur Ròs che si muovono sul palco come un insieme di ombre danzanti. Le lampadine minimal di fronte alla band prendono vita: da un brano all’altro passano da candele a lucciole nella notte mantovana. In questo balenare continuo Festival è un lampo che a passo di carica riempie piazza Sordello. Kveikur alza ancora il tiro sfruttando l’impressionante muro di suono: un incendio che divora territori musicali estremi.

Il gran finale è affidato alle esplosioni soniche di Untitled #8 Popplagið, fuochi d’artificio sferraglianti che chiudono il concerto o, per meglio dire, l’epifania di una sera di luglio.

Emanuele Bellintani