“Il viaggio degli eroi”, la recensione sull’ultimo docu-film dedicato ai Mondiali del 1982

MANTOVA – A quarant’anni dall’indimenticabile vittoria dell’Italia ai Mondiali di Spagna, anche nelle sale mantovane è approdato Il Viaggio degli Eroi di Manlio Castagna, con la voce narrante dell’attore Marco Giallini e i contributi di Cinzia Bearzot, figlia del compianto commissario tecnico Enzo, Giuseppe Bergomi, Bruno Conti, Gabriele Oriali, Dino Zoff, Claudio Gentile, Giancarlo Antognoni, Roberto Mancini e Gianluca Vialli.
Il film, che lunedì 11 luglio Rai 1 riproporrà in prima serata per celebrare la vittoria in finale sulla Germania Ovest per 3-1, ripercorre le undici tappe che hanno portato gli Azzurri a sconfiggere i tedeschi e a sollevare la Coppa del Mondo. Un percorso suddiviso in momenti chiave come i calciatori che scendono in campo per affrontare l’avversario, la concentrazione pre-partita, le critiche della stampa e la gioia dei tifosi.
Un modello chiamato non a caso il viaggio dell’eroe, che si realizza quando la storia diventa mito. E le animazioni a inizio di ogni capitolo si rivolgono forse proprio ad un pubblico sportivo giovane, che non c’era e non sa, cercando di portarlo all’interno di un’impresa davvero epica. Un docu-film che non aggiunge tasselli imprescindibili al mito di quella straordinaria cavalcata tutt’oggi impressa negli occhi e nei ricordi di chi, adulto o bambino, aveva avuto la fortuna di viverla, quasi immedesimandosi come fece Bastian mentre leggeva il libro de La storia infinita.
Al regista va tuttavia riconosciuto il merito di non cadere nella retorica, limitandosi a raccontare i fatti, invero un po’ scarnamente, attraverso documenti e immagini d’epoca, ricavando inquadrature ravvicinatissime che stanno sui volti più che sulle azioni di gioco. Oltre a quello che accadeva sul terreno di gioco, il film si premura di raccontare il contesto storico e sociale in cui quel successo è maturato e l’emozione di un popolo che visse quel trionfo come una sorta di riscatto dopo gli “anni di piombo”, dove si riscoprì l’amor di patria e l’appartenenza nazionale. Valori sciaguratamente dilapidati nei decenni a venire.

Matteo Vincenzi