MANTOVA – C’è un quadro dipinto da Vindizio Nodari Pesenti nel 1900 che si intitola “Mantova di Notte” e che rappresenta una sorta di spartiacque. È l’immagine di una città sospesa, in bilico tra due epoche. «Questo dipinto ci dice: attenzione, sta arrivando la luce elettrica, ma la città è ancora illuminata dalle candele, dai lumi a petrolio, dal cosiddetto gas di città, che non era altro che lo spirito del carbone. È il grande momento del passaggio dalla Mantova città fortezza, città militare, vischiosa, umida e buia, a una città finalmente azzurra».
A leggere in quell’opera il segno di una trasformazione profonda è Stefano Scansani, giornalista e scrittore, che da quella suggestione visiva prende le mosse per raccontare una storia lunga più di un secolo. Una storia che non è soltanto tecnologica o industriale, ma prima di tutto sociale e umana, e che è al centro del suo nuovo libro “L’Officina del Gaz. Storie mantovane di luce, cibo, calore”, presentato oggi pomeriggio in un Teatro Bibiena gremito.
«È una Mantova con energie ed è una Mantova energetica – osserva Scansani – incredibile ma vero per una città che si ritiene un po’ pigra. Invece è stata una scoperta: il progresso, arrivato anche tardi, è decollato proprio grazie al gas, o per dirla alla maniera ottocentesca, al “gaz”, ed è una storia che ancora avanza».
Tutto comincia nel 1864, quando in sinistra Mincio, davanti a Porto Catena, nasce L’Officina del Gaz – con la “z”, come si usava allora – fondata dagli imprenditori tedeschi Riedinger. Qui veniva prodotto lo spirito del carbone, immagazzinato nei grandi gazometri, dando avvio all’illuminazione pubblica cittadina. Da quello stabilimento prende forma una lunga continuità industriale: nel 1908 l’Azienda Municipalizzata del Gas, poi l’Azienda Autonoma Municipalizzata Gas-Acqua, quindi l’Azienda Servizi Municipalizzati nel 1973, fino all’approdo nel 1998 al Gruppo Tea. Una linea ininterrotta che collega la Mantova ottocentesca alla contemporaneità energetica.
Ma il libro è soprattutto un racconto di persone. Più che di impianti e tubature, parla di vite quotidiane, di mestieri oggi scomparsi, di gesti ripetuti ogni sera. Come quello del lampionaio, figura carica di umanità, incaricato di accendere, governare – “impizzar” – e spegnere i fanali a gas, oltre a pulirne vetri e valvole. Vestito con la blusa turchina, la sopravveste e il berretto municipale, percorreva la città con una lunga pertica sormontata dalla lampada d’accensione. Attraverso di lui, e attraverso tanti altri volti, si racconta Mantova.
Seguendo il filo dell’energia, Scansani attraversa il tempo: dai fanali a olio all’anima del carbone che sollevò la città dalle tenebre; dalle stufe economiche alle moderne piastre a induzione che hanno trasformato cucine e abitudini alimentari; dalla “padlìna” del prete per scaldare i letti al teleriscaldamento. È una storia di luce, cibo e calore, dove il progresso entra nelle case e modifica il modo di vivere.
Edito da Tre Lune e corredato dalle fotografie di Gian Maria Pontiroli, L’Officina del Gaz si pone come ideale seguito de L’Acqua di Mantova – Fontane fontanini fontanoni. La presentazione è diventata essa stessa un evento corale: i saluti istituzionali dell’assessore Andrea Murari, l’introduzione del presidente del Gruppo Tea Enrico Voceri, la proiezione del video di Pontiroli, le letture di Bruna Matoti e il concerto “Presto con fuoco” del pianista Alessandro Stella, in collaborazione con Oficina Ocm.
Come nel dipinto di Nodari Pesenti, Mantova è colta nell’istante del passaggio. Ma il racconto non si ferma lì: segue quel cambiamento fino ai nostri giorni, mostrando come l’energia abbia continuato a modellare la città, accompagnandone trasformazioni urbane, abitudini quotidiane e visioni future.
















