MANTOVA – Dal 12 dicembre al 9 gennaio il progetto fotografico di Paolo Simonazzi “Mantua, Cuba“ è in mostra alla Casa di Rigoletto di Mantova. L’esposizione a cura di Andrea Tinterri propone una selezione di scatti che sono parte del progetto realizzato nel 2015 nell’isola caraibica da Simonazzi, concepito in collaborazione con lo scrittore Davide Barilli. All’inaugurazione di oggi, oltre all’ideatore e al curatore, è intervenuta anche l’assessore del Comune di Mantova Alessandra Riccadonna. “Il legame della nostra città con Cuba è molto forte – ha osservato -. Recentemente abbiamo aiutato il Paese caraibico inviando pacchi di siringhe per far fronte all’emergenza sanitaria”.
Mantua è una piccola cittadina situata ai confini nord occidentali di Cuba, la leggenda sulla sua probabile origine italiana ha ispirato il racconto del fotografo emiliano, da sempre attratto da quei luoghi in cui il reale si mescola in maniera impercettibile con il surreale. La mostra è aperta tutti i giorni dalle 9 alle 18. L’ingresso è gratuito.
L’origine del progetto
Ad ispirare il racconto sentimentale di Simonazzi c’è la storia, o più verosimilmente la leggenda, della probabile origine italiana di Mantua, piccola cittadina caraibica, fondata da un gruppo di naviganti italiani, naufraghi di un brigantino dal nome “Mantua”. L’ idea embrionale ha un’origine lontana di tipo affettivo, derivata dal desiderio intimo dell’autore di ricordare un amico, Velmore Davoli, che aveva visitato quei luoghi nel luglio 1999 nell’ambito di un programma di cooperazione internazionale, scomparso tragicamente in un incidente aereo qualche mese dopo.
L’incontro empatico con lo scrittore Barilli ha reso possibile, molti anni dopo, la realizzazione di questo progetto. La leggenda di per sé basta e avanza per costruire una narrazione e per cercare affinità elettive, apparentemente improbabili, tra la provincia padana e quella cubana, tra oggetti, simboli e dettagli sospesi in un “mondo piccolo”, che protegge la propria viscerale identità.
Il sentimento dell’olvido
Le fotografie di Simonazzi, corredate dai testi dello scrittore Barilli, raccontano l’olvido, quel sentimento della dimenticanza, fatto di simboli, piccoli totem intimi, interni di case, fotografie, manifesti, edifici abbandonati, che conservano icone e pitture murarie di un socialismo forse ancora romantico. E Mantua, Cuba vuole essere anche questo, un residuo, un reperto di una leggenda, di qualcosa che rimane a discapito di tutto, quella lenta trasformazione in favola, a volte grottesca, a volte tragica, ma pur sempre necessaria alla sopravvivenza di un mito.
Per la mostra di Mantova è stato prodotto un piccolo catalogo con il testo di Davide Bregola. Un nuovo prezioso contributo che va ad aggiungersi al racconto evocativo di Barilli e all’intervista del curatore Tinterri a Simonazzi presenti nel volume Mantua, Cuba (Greta’s Books, 2016).
“È stato quasi inevitabile – scrive Bregola – l’incontro tra il fotografo Simonazzi e lo scrittore Barilli. Nel loro viaggio di immagini e parole hanno intessuto una densa relazione tra racconto e fotografia, in cui l’umana fragilità, rappresentata con piccoli segni di passaggio dell’uomo, portano coloro che guardano a ripensare i nomi dei luoghi, le sale da pranzo nelle case, i ruderi, i colori, la luce. In un attimo siamo a Mantova, l’attimo dopo scagliati in un baleno a Mantua”.
Prima di approdare alla Casa di Rigoletto, il progetto Mantua, Cuba è stato presentato a Parma e a L’Avana nel 2016, a Reggio Emilia nel 2017, a Genova nel 2018, a Cesenatico nel 2020.
Il fotografo
Simonazzi (1961) vive e lavora a Reggio Emilia. Ha pubblicato diversi volumi fotografici, ha esposto in mostre personali e collettive in Italia e all’estero, i suoi progetti sono stati presentati all’interno di prestigiosi festival fotografici e le sue immagini sono conservate in musei e importanti collezioni pubbliche e private. Il suo approccio stilistico rivela uno sguardo al tempo stesso affettuoso ed ironico per quei luoghi di provincia dove il reale si confonde impercettibilmente con il surreale. L’autore ama cogliere il paradosso come vera e propria forma espressiva, come guida primaria del suo fotografare. In questo modo l’ordinario è capace di elevarsi a straordinario.