Terra non Guerra, il documentario sulle lotte contadine nel dopoguerra mantovano

MANTOVA – Un “San Martino” che ha messo insieme la tradizione, con la degustazione di castagne e vino e qualche apertivo, a un momento di riflessione su ciò che la data dell’11 novembre ha rappresentato per il mondo contadino fino al boom economico e ciò che quel mondo ha fatto con le sue lotte e le sue rivendicazioni, in particolare negli anni del dopoguerra.
E’ quello proposto sabato scorso da Associazione eQual – Casamatta che ha organizzato la proiezione in esclusiva di “Terra non Guerra”, il documentario di Cronache Ribelli sulle lotte bracciantili del dopoguerra nel territorio mantovano.

QUANDO SAN MARTINO SIGNIFICAVA DOVER TRASLOCARE    

E’ stata questa l’occasione per Emanuele Bellintani, giornalista e autore dell’omonimo romanzo uscito quattro anni fa per Editoriale Sometti e tra i protagonisti del documentario, di ricordare al numeroso pubblico intervenuto, come un tempo l’11 novembre, nelle campagne, al termine dell’annata agraria fosse collegata la scadenza dei contratti. Iniziava così la cacciata di molti lavoratori dalle cascine, soprattutto di quelli più sindacalizzati o che semplicemente rivendicavano i propri diritti ma anche “di coloro la cui moglie non era stata abbastanza accondiscendente con il proprietario” ha dichiarato Bellintani che ha evidenziato l’importanza di recuperare quelle storie: “Siamo tutti figli e nipoti di quelle vicende di disperazione, miseria e riscatto sociale che sono state messe da parte in un angolo buio della memoria collettiva. Tornare a parlarne, insieme, fa crescere la coscienza collettiva, perché senza memoria siamo niente, consumatori voraci di presente senza una storia”.

IL DOCUMENTARIO 

“Terra non Guerra” è un documentario della durata di circa trenta minuti prodotto dalla casa editrice indipendente “Cronache Ribelli” e girato nelle campagne con la partecipazione dello storico Eugenio Camerlenghi, del giornalista Gianni Veronesi (nipote del bracciante Vittorio Veronesi assassinato nel maggio 1950) e dello stesso Bellintani. Il cortometraggio vede i tre protagonisti raccontare quel che accadde in particolare nelle campagne mantovane dalla nascita della Repubblica fino agli anni Cinquanta. Un periodo in cui il mondo dei lavoratori della terra, specialmente nella Pianura Padana, era motore del cambiamento per superare non solo la passata dittatura ma secoli di sfruttamento.
La splendida Corte Grande di Canedole di Roverbella fa da sfondo al racconto di Bellintani mentre Veronesi spiega, proprio accanto alla lapide che a Bancole ricorda il luogo dell’assassinio di suo zio, chi fu questi e cosa accadde nella notte tra il 16 e il 17 maggio 1950 quando venne ucciso. Vittorio aveva trent’anni, era un bracciante e sindacalista ed era stato un partigiano nella Brigata Garibaldi. Venne ucciso durante il biennio di lotte bracciantili 1949-50: a spararargli furono l’agrario Grazioli e i suoi complici. Grazioli si costituì il giorno dopo e fece un anno di carcare. Nel 1951 gli fu riconosciuta la legittima difesa e venne scarcerato. Nel 1955 fu condannato ma per reati minori (porto d’armi abusivo) poi amnistiati ma nel frattempo nel 1952 si era trasferito in Cile.
Sull’assassinio di Veronesi il 18 maggio scrissero il direttore Davide Lajolo su “l’Unità” e Sandro Pertini sull’edizione romana dell’“Avanti!”.
Ai funerali, che vennero celebrati il 19 pomeriggio, parteciparono circa 60 mila persone provenienti da tutta Italia.

Per vedere il documentario:
https://www.youtube.com/watch?v=Dl0EWEon7KY&t=383s

Nelle foto Gianni Veronesi e Emanuele Bellintani e alcuni momenti dell’intervento di quest’ultimo prima della proiezione del documentario