500 imprenditori all’assemblea di Apindustria: “Fare impresa è da eroi: non molliamo”

CASALOLDO – Oltre cinquecento imprenditori si sono ritrovati a Casaloldo per l’assemblea pubblica di Apindustria Confimi Mantova, un appuntamento che ha saputo coniugare visione e radicamento, passione e pragmatismo. La location scelta, uno stabilimento della Zanoni Man, è stata a sua volta un messaggio: tornare dove le imprese lavorano ogni giorno, nel cuore della manifattura.

Il presidente Francesco Ferrari

Il presidente Francesco Ferrari ha aperto i lavori ricordando come proprio Casaloldo, cent’anni fa, abbia dato i natali al Calzificio Noemi, una delle prime imprese tessili della zona, che ha poi generato un intero distretto della calza. “Una delle sue discendenti è ancora tra i nostri associati – ha detto – ed è la prova che fare impresa qui è una questione di identità. Anche se i tempi sono cambiati, lo spirito resta: vogliamo restare su questo territorio, continuare a produrre, a crescere, a dare lavoro, a costruire”.

Il discorso di Ferrari si è trasformato in una riflessione profonda sulle contraddizioni che oggi vive chi fa impresa in Italia. Ha denunciato il peso insopportabile della burocrazia, il costo del lavoro tra i più alti d’Europa, il continuo disinteresse della politica per la manifattura. “L’industria italiana è la seconda in Europa per occupati e giro d’affari – ha sottolineato – eppure sembra che ce ne si voglia liberare. Le aziende vengono comprate da fondi stranieri e smontate pezzo per pezzo. Nessuno interviene. Lo Stato è assente. E noi imprenditori ci sentiamo soli”.

Non è stato, però, un grido d’allarme fine a se stesso: Ferrari ha voluto guardare avanti e ha parlato di soluzioni, della necessità di avere una reale politica energetica nazionale, di riscoprire l’autonomia tecnologica e produttiva, anche a partire da elementi oggi dati per scontati come i semiconduttori o il software, oggi appaltati ad Asia e Nordamerica. “Dipendiamo da Google, da Microsoft, dall’Asia per tutto – ha avvertito – ma se domani questi rubinetti si chiudessero, cosa faremmo? Serve una strategia europea, non possiamo affidarci al caso”.

Centrale anche il tema del lavoro e della formazione. Ferrari ha invitato la scuola ad essere più vicina al mondo produttivo: “Mancano operai, tecnici, artigiani. Anche quando il lavoro c’è, non troviamo più le persone per farlo. Ci arrangiamo con chi è in pensione. Ma così, quale futuro possiamo costruire?”.

La sua conclusione è stata insieme un atto di accusa e un inno alla speranza. “Non vogliamo gettare la spugna. Noi imprenditori abbiamo sempre dato il meglio quando siamo stati con le spalle al muro. Roma ha perso l’Impero per colpa della burocrazia e della comfort zone. Ma noi non siamo Roma, e non siamo disposti a cedere. Vogliamo costruire un futuro dove fare impresa sia ancora possibile. E per farlo, dobbiamo restare uniti. Perché l’impresa si può fare. Solo in un modo: insieme”.

Dopo il saluto del sindaco Emma Raschi, quello di Marco e Francesco Zanoni, e un intervento dell’onorevole Carlo Maccari sulle politiche industriali, è toccato ai tre relatori dare spessore al dibattito con tre angolature diverse ma complementari.

Il filosofo Carlo Lottieri ha difeso con forza il ruolo dell’impresa come presidio di libertà e innovazione, mettendo in guardia dalla bulimia normativa che rischia di strangolare chi lavora: “Le imprese sono la parte più vitale della società. È da lì che viene il cambiamento. Ma serve meno pressione fiscale, meno burocrazia, meno rendite e più libertà”. Ha elogiato le associazioni come Apindustria perché “danno voce a chi crea lavoro, si assume rischi, genera valore. La rappresentanza è essenziale per opporsi allo status quo”.

Silvia Zanella ha portato l’attenzione sulla trasformazione del lavoro, suggerendo nuovi modelli organizzativi e di leadership fondati su ascolto, senso di scopo, fiducia. “Il lavoro non può essere una check list – ha detto – ma un terreno di crescita, contaminazione, visione condivisa. Serve un nuovo paradigma umano, e tocca alle imprese guidarlo”.

Giulio Xhaet ha invece esplorato il tema dell’innovazione e delle sfide generazionali, richiamando la necessità di alleanze tra chi ha esperienza e chi ha freschezza. “Mettiamo insieme i curiosi – ha detto – quelli che vogliono restare aggiornati, quelli che non si spaventano del nuovo. Teniamo insieme le persone che sanno fare, ma anche quelle che vogliono capire. L’innovazione non è una minaccia, ma un’occasione di crescita”.

Non è mancato l’intervento di Paolo Agnelli, presidente nazionale di Confimi Industria, al suo primo intervento pubblico dopo la rielezione. Ha rilanciato il messaggio di Ferrari, sottolineando che la rappresentanza d’impresa è anche un atto di responsabilità civile. “Confimi – ha detto – nasce come realtà confederale: mettiamo in comune solo ciò che serve, e lasciamo libertà ai territori. Per questo, ogni assemblea come questa è una spinta al cambiamento. E alle nuove generazioni dobbiamo trasmettere non solo competenze, ma il valore profondo della soddisfazione personale che nasce dal lavoro ben fatto”.

L’assemblea si è chiusa con la tradizionale cena conviviale, un modo in più per mettere in relazione gli associati. Perché, come ha detto Ferrari, “più comunità è l’unico modo per continuare a fare impresa”.