MANTOVA – L’annuncio del taglio di 130 posti di lavoro alla Corneliani rappresenta un nuovo colpo per la tenuta economica della città e di tutta la provincia. Come Confartigianato Imprese Mantova non possiamo che sentirci solidali con i dipendenti che rischiano di perdere il lavoro in un momento in cui non ci sono alternative occupazionali. A parlare è il presidente dell’organizzazione imprenditoriale Lorenzo Capelli che continua sottolineando : “non possiamo per altro non sottolineare come l’area industriale di Mantova oggi risulti ancora più ridimensionata dopo il processo di deindustrializzazione avvenuto nel corso di quindici anni. La Sogefi ha chiuso, con essa la raffineria Ies, poi la Burgo che, nonostante i tentativi della nuova proprietà rischia di non ripartire mai. Abbiamo inoltre assistito al ridimensionamento della Polimeri Europa, a fianco notiamo la caduta del comparto della calza e del tessile dell’alto mantovano, il ridimensionamento del basso mantovano, senza contare che migliaia di micro e piccole imprese dell’artigianato e del commercio hanno chiuso nel silenzio totale perché, i piccoli, quando scompaiono non fanno il rumore di una grande industria.
In questo momento – continua Capelli – al centro del dibattito nazionale c’è l‘Ilva di Taranto dove, dopo aver sottoscritto l’intesa per lo scudo penale, il governo si rimangia l’impegno con il rischio di vanificare giuridicamente tutta l’operazione di cessione del più grande stabilimento europeo per la produzione dell’acciaio. Da troppi anni, nel nostro Paese, manca un progetto industriale e di sviluppo all’interno del quale siano previsti investimenti e incentivi per il rilancio della competitività e del Made in Italy. Da troppo tempo non abbiamo una linea di politica industriale certa che infonda sicurezza agli imprenditori e, ben sappiamo, che la certezza nel futuro costituisce il volano per gli investimenti privati. Oggi notiamo sempre più l’idea che le crisi industriali possano essere risolte nazionalizzando i comparti produttivi in perdita.
Insomma, siamo alla logica per la quale, le crisi industriali si risolvono mettendo a carico allo Stato le perdite dei settori in crisi. Respingiamo l’idea secondo cui il futuro del Paese deve passare dall’assistenza, da una politica che toglie risorse all’innovazione tecnologica, agli investimenti nella ricerca, nell’ammodernamento delle imprese e, in particolare delle micro e media attività produttive. Rilanciare l’assistenza e non il sistema produttivo – evidenzia il presidente di Confartigianato- vuol dire garantire per sempre a intere plaghe del Paese, in particolare del Sud, una condizione di economia fatta di beneficenza, che peserà sempre di più sul prelievo fiscale di tutti i cittadini. Rilanciare la produzione vuol dire dare fiato all’occupazione, ridurre l’assistenza, strappare intere aree del Paese in cui la criminalità si sostituisce allo Stato. Vuol dire ridare dignità ai cittadini e, in particolare – conclude – ai giovani i quali oggi sono i più colpiti dalla disoccupazione e che, spesso, sono costretti a sopravvivere grazie ai risparmi accantonati dai nonni dopo una vita di onorato lavoro”.