Il derby Mantova Rovigo e l’occasione perduta della Grande Mantova

Anche l’anagrafe può alimentare il dibattito politico. Succede a Mantova dove il sindaco Mattia Palazzi, abilissimo nella comunicazione e nella gestione del potere (la scuola è quella di Matteo Renzi, per intenderci, anche senza lasciare il Pd) ha annunciato in modo trionfale il superamento dei 50mila abitanti. Una soglia definita psicologica, un’inversione di rotta dopo decenni di crisi grazie all’arrivo di giovani attratti dai posti di lavoro e dalle politiche abitative della giunta.
A stretto giro di posta la replica documentata di Forza Italia con i commenti del capogruppo Pierluigi Baschieri: “Gli stranieri sono aumentati del 132% in 20 anni, ora sono 8.790. Sono loro a far crescere la popolazione, sempre più anziana: 13.202 cittadini sono over 65…”. Due letture opposte, una entusiastica e un’altra critica della stessa, piccola città. Perché un dato è certo: Mantova è una capitale della cultura, un tesoro di arte e bellezza, ma resta un paesone. A volte bisogna allargare l’orizzonte per inquadrare meglio chi abbiamo di fronte. Cominciamo dalle città più vicine a noi:

Rovigo 50.044

Ferrara 130.354

Verona 255.305

Modena 185.180

Carpi 72.925

Reggio Emilia 171.316

Brescia 199.784

Cremona 71.072

Parma 198.897.

Come si può vedere, Mantova al massimo se la può giocare con Rovigo, mentre resta molto lontana dalle altre. Da vecchio cronista rilevo che anni fa è stata persa una buona occasione con l’abbandono del progetto della Grande Mantova. L’idea di una città di 100mila abitanti che comprendesse il capoluogo e l’hinterland (detto anche con un’espressione orribile cintura cittadina), ovvero i comuni di Virgilio, Curtatone, San Giorgio e Porto Mantovano. Un percorso difficile tra sensibilità diverse che avrebbe dato, in caso di successo, il giusto peso specifico a Mantova. Poi Virgilio e Borgoforte si sono fusi dando vita a Borgo Virgilio, sotto la spinta dei sindaci Beduschi e Froni, e la Grande Mantova è rimasta ferma al palo. Agli occhi del Pd, prima Ds e Pds, troppo rischioso perdere il timone in via Roma in un territorio politicamente liquido, dove il rosso con il tempo si è sbiadito fino a diventare bianco. Borgo Virgilio, Curtatone e ora anche Porto Mantovano sono passati al centrodestra. Così la miopia ha vinto sulla lungimiranza, ma capita spesso e non dobbiamo disperare.
Sono incontestabili i traguardi raggiunti da Palazzi e dalla sua giunta, una corazzata che marcia a ranghi compatti, con progetti ambiziosi come il Parco del Te e tanti altri, qualche scivolone come l’arcipelago di Ocno e la Torre della Gabbia. Va anche detto che il sindaco, che si circonda di fedelissimi e ama i trombettieri, non perde occasione per rimarcare quanto è bravo. Ricordiamo che prima di lui non c’erano De Gasperi o Craxi, ma Sodano che vinse le elezioni solo per gli autogol della sinistra. A Palazzi, l’uomo arrivato dall’Arci che va a braccetto con Confindustria, leader del partito dei sindaci che si riconosce in Bonaccini e non nella Schlein, pronto ad allearsi con i leghisti Salvini e Zaia se c’è da battagliare per il terzo mandato, auguro tanti successi ma senza esagerare con l’enfasi: il rischio è di perdere il contatto con madre terra.
All’opposizione auguro di vigilare con spirito costruttivo e non distruttivo. Al popolo mantovano auguro di restare sveglio, di non farsi abbindolare dagli incantatori di serpenti. Preferisco da sempre il dibattito al pensiero unico, la vivacità alla sonnolenza, la Coca Cola alla camomilla. Un caro saluto a chi ha avuto la bontà di leggermi.

*Paolo Boldrini, giornalista, è stato direttore de La Nuova Ferrara, della Gazzetta di Mantova e del Corriere Romagna