MANTOVA – Per l’Autorità di Bacino, la “bacinizzazione” del fiume Po presenta più contro che pro. Un concetto che era già stato espresso, peraltro, da numerosi enti collocati lungo l’asta del Grande Fiume.
“L’asta principale del fiume Po – si legge in una nota dell’ente pubblico – è stata nel tempo più volte oggetto di studi e approfondimenti progettuali in relazione alla possibilità di realizzazione di traverse e sbarramenti per bacinizzare il corso d’acqua. Ai primi studi degli anni 80 (progetto SIMPO) non si diede seguito e infatti nel “Programma di completamento del Sistema idroviario padano-veneto” (1990/1992) è previsto per il fiume Po da foce Ticino al mare il potenziamento degli interventi di sistemazione a corrente libera per il miglioramento delle condizioni di navigabilità”.
Il documento prosegue nel tempo fino ai primi anni Duemila: “Nonostante le disposizioni di legge e di pianificazione di bacino, l’opzione bacinizzazione anche nei primi anni 2000 viene più volte riproposta nel dibattito pubblico e politico, associandola anche al possibile utilizzo idroelettrico e irriguo. Anche in relazione a tali finalità, l’AIPo, Agenzia Interregionale per il fiume Po, sulla base di un apposito finanziamento di 2 milioni di euro, ha sviluppato a partire dal 2012 un aggiornamento e approfondimento del progetto di bacinizzazione, denominato 365 Po – River System “Progetto preliminare per il potenziamento della navigabilità del fiume Po dal porto di Cremona al mare Adriatico”, che prevede la progettazione di un sistema di 5 sbarramenti fra Cremona e Stienta e il confronto anche in termini di costi-benefici con il completamento della sistemazione a corrente libera. Anche tale ipotesi progettuale di bacinizzazione, come quella del SIMPO degli anni 80, è stata valutata non attuabile, ancor prima di valutarne la compatibilità e l’eventuale recepimento nella pianificazione di bacino. Il 17 ottobre 2017 il Comitato dell’Intesa Interregionale per la navigazione interna, composto dagli assessori delle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, preso atto degli esiti del progetto e del fatto che la soluzione a corrente libera risulta più conveniente in termini economici e di benefici ambientali, ha deciso all’unanimità che la scelta da portare avanti fosse quella della sistemazione a corrente libera”.
“Un’eventuale proposta di bacinizzazione del Po, già discussa nel recente passato e, peraltro, bocciata anche dalle stesse Regioni, non è in linea con le scelte indicate oggi dall’Europa – tiene a rammentare Alessandro Bratti, segretario generale dell’ADBPO –. Stiamo lavorando con Aipo alla realizzazione del Pnrr Rinaturazione Po e dovremo uniformarci alla Restoration law che prevede in Europa 25mila km di fiumi a corrente libera. Sarà fondamentale lavorare insieme al mondo agricolo e agli altri portatori di interesse per contemperare le varie esigenze dentro un quadro di eventi climatici estremi sempre più complicato”.