MANTOVA – L’azienda di vigilanza privata aveva sede a Villafranca, ma in almeno un paio di occasioni i suoi dipendenti avevano svolto attività di guardia giurata presso negozi e supermercati situati nel comune di Mantova.
Caporalato, evasione fiscale, autoriciclaggio e truffa nei confronti della pubblica amministrazione sono i reati per i quali la Guardia di Finanza del Gruppo Villafranca di Verona, al termine di un’attività d’indagine coordinata dai Sostituti Procuratori della Repubblica dott.ssa Maria Diletta Schiaffino e dott.ssa Claudia Bisso, ha denunciato tre persone ritenute a capo di un sodalizio criminale che gestiva una società operante nel settore della vigilanza privata, con sede nel villafranchese, resasi protagonista di gravi illegalità. Altre 26 persone sono state denunciate per indebita percezione del reddito di cittadinanza e dell’indennità di disoccupazione.
Le attività hanno preso il via con un’ispezione fiscale svolta presso la sede dell’azienda, dove sono stati acquisiti, oltre alla documentazione, anche i contenuti dei pc aziendali. Riscontrate le prime irregolarità, sono stati avviati riscontri con i fornitori e i clienti della società e sono stati sentiti i dipendenti.
Le dichiarazioni di questi ultimi hanno consentito di appurare la loro condizione di sfruttamento: imposizione di turni di lavoro estenuanti, minacce di ritorsioni in caso di fruizione di permessi/riposi, assenza di riposi settimanali/ferie, obbligo di lavoro anche in costanza di infortuni documentati da strutture sanitarie, assenza di indennità per lavori notturni/straordinari/festivi, lavori svolti in assenza delle previste abilitazioni, corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali, obbligo di firmare fogli di “dimissioni in bianco” nel caso in cui i lavoratori non avessero accettato le condizioni lavorative imposte.
Inoltre, è stato accertato che la società ha impiegato, in più anni d’imposta, 90 lavoratori “in nero” e circa 180 lavoratori irregolari. Come se non bastasse, gli amministratori della società, al fine di versare meno ritenute previdenziali, elargivano parte dello stipendio mediante fittizi rimborsi chilometrici, integrando, in tal modo, la fattispecie di “truffa” nei confronti di un ente pubblico.
Infine, è emerso che la società ha sottratto a tassazione circa 3,5 milioni di euro ai fini delle imposte dirette, non versando circa 630mila euro di Iva. Per tali motivi gli amministratori sono stati denunciati per il reato di omessa dichiarazione. Parte dei proventi derivanti dal reato tributario sono stati “riciclati” pagando in contanti gli stipendi di alcuni dipendenti “in nero”, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza.
Tali comportamenti hanno agevolato 26 dipendenti nell’ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza per un totale di 74mila euro, nonché l’indennità di disoccupazione per un totale di 75mila euro. Nelle relative istanze, i dipendenti hanno omesso di dichiarare la parte dello stipendio che avevano percepito “in nero” e in contanti, determinando l’ottenimento delle citate prestazioni sociali.
La responsabilità penale degli indagati sarà accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile, vigendo la presunzione di innocenza prevista dall’art. 27 della Costituzione.