Gli alunni italiani si stanno godendo i primi giorni delle vacanze estive. Ma dietro l’angolo c’è già un nuovo impegno che li terrà legati idealmente alla vita fra i banchi: i compiti per le vacanze. Il dibattito è annoso e si ripropone ogni mese di giugno. È giusto o no assegnarli? “Il tormentone dei compiti per le vacanze interessa 6 milioni di alunni e le rispettive famiglie alle prese col problema di convincere i figli a lasciare mare, amici e giochi per ritagliare uno spazio quotidiano a libri e quaderni”. I vantaggi? “Nessuno”, per il pediatra Italo Farnetani, protagonista di una battaglia di lunga data contro lo studio nella bella stagione. A suo dire, infatti, “non c’è nessuna motivazione psicopedagogica valida e non è una pratica educativa. Anzi il contrario: rischia di essere diseducativa”, assicura all’Adnkronos Salute.
Il camice bianco dei bimbi spiega che la sua ‘crociata’ ha anche “l’approvazione delle famiglie: l’86% dei genitori è contrario all’assegnazione – evidenzia -. Le vacanze estive esistono già dai secoli precedenti e non sono state create per concedere un lungo stop agli insegnanti, ma per far riposare gli alunni. Le cose apprese e memorizzate nell’infanzia hanno la qualità di essere indelebili, tanto che sono le ultime a scomparire negli anziani con disturbi di memoria. Tre mesi di interruzione dallo studio, dunque, non le intaccheranno”. E poi c’è il fattore caldo: le alte temperature, segnala l’esperto, “creano uno stress all’organismo e diminuiscono l’apprendimento. Studiare svogliatamente, trascinandosi dietro i compiti per tutta l’estate, è poi il sistema perfetto per acquisire una cattiva abitudine che si rischia di portarsi dietro per l’intero periodo scolastico”.
Farnetani ha condotto diversi approfondimenti sul tema dei compiti per le vacanze: “Risulta dalle statistiche emerse che il 30% degli alunni, cioè quasi 2 milioni di studenti, si tolgono il pensiero il prima possibile ed entro luglio avranno completato lo svolgimento di quanto assegnato dai docenti. In altre parole, è qualcosa che viene vissuto proprio come un peso da togliersi in fretta. Il 62% invece i compiti se li trascina dietro per tutta l’estate. Il 2% arriva a chiudere la pratica ad agosto, il 4% a settembre, il 2% non li svolge affatto”, elenca.
“Se si riassumono gli svantaggi dei compiti delle vacanze, non resta che consigliare agli insegnanti di non assegnarli e ai genitori di compiere una ‘disobbedienza civile’, e mandare a scuola i figli senza avere eseguito di compiti, facendo una giustificazione” in cui si spiegano le ragioni della scelta. “Anche se mi risulta che siano pochi gli insegnanti che li controllano al rientro a scuola”.
Farnetani schematizza gli aspetti negativi dei compiti delle vacanze in 3 punti. “Il primo è il costo eccessivo per le famiglie, per comprare libri e altri supporti – elenca – il secondo è lo stress che determinano i compiti delle vacanze nell’alunno, che così non potrà mai attuare un’opportuna resilienza dallo stress determinato dall’apprendimento. Sono un grande fautore dello studio, e renderei anche obbligatoria la scuola almeno fino a 18 anni, ma nelle vacanze estive bisogna ‘staccare la spina’. Basti immaginare: tutto il mondo è in vacanza, c’è caldo, le città sono vuote, la gente si diverte, e un bambino si deve mettere a studiare davanti al libro”.
Il terzo punto a sfavore dei compiti estivi, per il professore ordinario di pediatria dell’Università Ludes-United Campus of Malta, è “l’unilateralltà della formazione di bambini e adolescenti. È vero che la scuola è l’organismo culturale e di formazione più importante organizzato e articolato, ma i mesi delle vacanze estive sono utili proprio per poter dare multilateralità all’apprendimento, alla formazione, all’acquisizione di nuove esperienze e della sperimentazione di stili di vita diversi. L’estate è un modo per svolgere attività diverse dal periodo dell’anno scolastico, per fare più sport, esplorare maggiormente l’ambiente. Ogni genitore dovrà organizzare le giornate del proprio figlio in base alle preferenze del bambino dell’adolescente e dovrà farlo liberandolo dai vincoli, dagli stili di vita, dalle abitudini e i ritmi della scuola. Io consiglio – conclude – di far vivere i ragazzi all’aria aperta, di praticare sport e stare in mezzo alla gente, e fare esperienze nuove come dedicarsi ad esempio alla pesca, una pratica che piace molto. Ma anche andare a spasso, socializzare, frequentare luoghi con animazione”.