PEGOGNAGA – Non è competendo con il mondo maschile che la donna può vedere riconosciuti i propri valori e i propri diritti. Tantomeno con il superamento o addirittura l’annullamento dei generi. E’ con la valenza personale identitaria, alla quale non deve mai rinunciare. Di ciò hanno dato circostanziate testimonianze Patrizia Casati, ingegnere, responsabile qualità produttiva Ecoglass di Lonigo, suor Elisa Fava, comunità di Brede Sorelle di San Francesco, Elisa Benadduce, soprano, Loredana Dragotta, paramedico oncologico Istituto Pederzoli di Peschiera, intervistate con abilità maieutica da Paola Bruschi, filosofa, dirigente emerita del Manzoni di Suzzara, nel contesto del progetto “Donna Racconta” al Centro Culturale LBM di Pegognaga organizzato da Tiziana Lasagna, consigliera comunale con delega alle Pari Opportunità e Natascia Facchini, presidente dell’omonima Commissione.
Ha seguito la narrazione delle intervistate con sacrale attenzione una folla femminile e una nutrita rappresentanza maschile, a conferma di quanto l’emancipazione femminile stia facendo breccia alla predominanza dell’uomo. Ha introdotto Lasagna sottolineando che nel ruolo di delegata alle opere pubbliche sta collaborando con i colleghi del distretto per costruire progetti finalizzati alla sensibilizzazione sulle problematiche a carico delle donne. Facchini ha specificato l’obiettivo dell’incontro: proporre varie visioni nell’approccio alle difficoltà incontrate dalle donne nell’autorealizzazione.
Bruschi, moderatrice, ha iniziato chiedendo alle relatrici quale sogno e quale percorso hanno seguito per realizzarlo «perché spesso – ha rimarcato – ci si inventa un ruolo che non attinge all’identità. Invece troppo spesso le donne si sentono più difese accentuando il ruolo a scapito dell’affermazione della propria identità». Per tutte è stata la costosa, in termini emotivi, fermezza nel difendere l’identità femminile davanti all’egemonico potere maschile. Di fronte al quale la fragilità può indurre a compromessi che rappresentano scorciatoie alla realizzazione del “sogno” ma con profonde ferite alla propria personalità ed identità.
A proposito di ostacoli, ilare ma significativo il racconto di suor Fava, che da ragazzina «sognavo di fare il prete» attratta dal fascino della consacrazione dell’ostia «per essere più vicina a Gesù». Soltanto l’aiuto dello psicologo le ha permesso di superare un ostacolo davvero insormontabile. Per Benadduce insormontabile è il venir meno della voce, per cui diventa obbligatoria la pausa di recupero. Per Dragotta il tumore al seno stava diventando ostacolo insormontabile, pur guarita, perché i medici di reparto, per salvaguardare la sua salute, volevano indurla a cambiare ruolo da infermiera a impiegata. Oppostasi con tutte le forze, ha poi fondato un’associazione di donne operate «perché è la condivisione delle cose sperimentate che permette di superarle. Sono tornata in sala operatoria come infermiera riconfermando il mio ruolo» . Attiva la partecipazione del pubblico perché al termine ciascuno ha scritto in sintesi quanto appreso. Pienamente soddisfatto il vicesindaco Antonio Lui.
Riccardo Lonardi