Influenza aviaria, 11 focolai tra Mantova e Verona. Confagricoltura: “situazione di emergenza”

MANTOVA – Undici focolai di influenza aviaria, spesso correlati tra loro dal punto di vista epidemiologico, sono stati accertati tra il 26 dicembre e il 4 gennaio tra le province di Mantova e Verona. Gli ultimi quattro focolai, accertati fra il 3 e il 4 gennaio nel Veronese, hanno interessato due allevamenti di tacchini, uno di polli e uno di ovaiole.

A denunciare la situazione di emergenza è Confagricoltura Veneto, che “sta seguendo con molta preoccupazione l’evolversi della situazione epidemiologica”. La zona tra le province di Mantova e di Verona è quella che attualmente interessa i contagi da influenza aviaria, ma la paura è che la situazione possa espandersi in breve tempo anche alle zone limitrofe.

“Ci troviamo in piena emergenza – sottolinea Michele Barbetta, presidente della sezione avicola di Confagricoltura Veneto, – con l’aggiornamento continuo delle zone di protezione e di sorveglianza, dove l’attività di allevamento viene interrotta o limitata, che solo nella provincia di Verona comprendono ben 1.650 allevamenti tra grandi, medi e piccoli. Non c’è dubbio che tutte le norme disposte dalle autorità sanitarie, cioè le biosicurezze, per limitare la diffusione della malattia devono essere messe in atto. Da questo punto di vista, siamo certi che c’è l’impegno di tutti gli allevatori professionali. Però i danni si possono già contare e altri ce ne saranno: sia danni diretti, dovuti all’abbattimento degli animali degli allevamenti infetti che di quelli limitrofi, sia danni indiretti, dovuti ai vincoli determinati con il vuoto sanitario, con il fermo allevamento. I primi sono coperti con i fondi della legge 218/88, i secondi invece non trovano in questo momento alcuna copertura, nonostante l’allarme lanciato da tempo da parte di Confagricoltura”.

“Siamo molto preoccupati – prosegue Barbetta – perché i contagi avvengono per trasmissione aerea e, nonostante lo scrupolo dei servizi veterinari e l’impegno degli allevatori, potrebbero estendersi in altre zone. Centinaia di aziende tra Lombardia e Veneto sono ferme e non possono accasare, e per ora non c’è la prospettiva di avere un rimborso dei danni. Il settore ha investito molto in questi anni, sia per l’adeguamento delle biosicurezze che delle strutture, soprattutto in tema di benessere animale. Abbiamo rate da pagare, ma come facciamo se le aziende si fermano? Chiediamo risposte urgenti alla politica, da Roma a Bruxelles”.