Massive Attack, i maghi del trip-hop riempiono di entusiasmo una piazza Sordello sold out

MANTOVA – Sono passati sei anni esatti da quando i Massive Attack prendevano possesso per la prima volta di piazza Sordello, ma sembra passata una vita. Il mondo è mutato, ha cambiato marcia, ha preso un’altra direzione, è impazzito. Che cosa c’entra tutto questo con la musica? C’entra, eccome. Gli inglesi che sono tra coloro che hanno inventato e reso noto in tutto il mondo il trip-hop e il Bristol Sound e che chiudono l’edizione 2024 del Mantova Summer Festival non propongono un semplice concerto, bensì un’esperienza immersiva ricca di chiavi di lettura rispetto alla realtà in cui viviamo, alle informazioni che ci bombardano, ai dubbi e ai complotti, alle tecnologie e alla ricerca scientifica spinti oltre l’impossibile.

L’incipit sulle note di “In My Mind” di Gigi D’Agostino, mentre scorrono le immagini di un esperimento del 2021 della Elon Musk Neuralink Corporation su un macaco di nove anni, introducono uno dei grandi temi della serata: le crescenti difficoltà che l’umanità incontra oggigiorno nel distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è. Altri argomenti che torneranno nel corso della serata saranno la brutalità della guerra (con particolare riferimento all’Ucraina e soprattutto a Gaza) e l’ipocrisia della corsa agli armamenti oltre, come detto, al complottismo cervellotico dei giorni nostri che, come viene ironicamente ipotizzato mentre scorre “Rockwrok” degli Ultravox, è forse anch’esso un enorme complotto.

Dal punto di vista prettamente musicale, non c’è storia. Il sound che i Massive Attack riescono a creare dal vivo, tra marosi elettronici e stilettate elettriche, è semplicemente fenomenale. Se l’inizio del concerto è appannaggio dei due geniacci che portano avanti il collettivo dal 1987 – Robert “3D” Del Naja e Grant “Daddy G” Marshall – e che si prendono la scena in brani come “Risingson”, “Girl I Love You” e più avanti classici quali “Angel” e “Karmacoma”, man mano che le canzoni si susseguono gli ospiti si moltiplicano. In particolare gli scozzesi Young Fathers, che mettono il loro rap al servizio della causa, ma soprattutto lei, Elizabeth Fraser, una divinità che si materializza in piazza Sordello per regalare i momenti più toccanti di una serata indimenticabile per gli 8mila assiepati nella piazza: tra tutte una cover da brividi di “Song to the Siren” di Tim Buckley, interpretata come una liturgia pagana, con un trasporto e una classe che fanno venire la pelle d’oca, e quello che si può considerare il vero finale del concerto, una “Teardrop” – la più grande hit degli inglesi, dall’album “Mezzanine” del 1998 – che culla tutta piazza Sordello in un dolce limbo a mezza strada tra il trip-hop e il dream-pop, la voce senza tempo dell’ex frontwoman dei Cocteau Twins che risuona tra le facciate degli antichi palazzi e del Duomo punteggiate da migliaia di pallini bianchi che si muovono in tondo e, più in basso, altrettanti schermi di smartphone puntati verso il palco per cristallizzare per sempre il momento.

(foto Francesco Consolini)