Menna, il vescovo di Mantova con la nostalgia del fascismo che scriveva “il soldato germanico è meraviglioso”

Il vescovo Menna

MANTOVA – Cha la figura di Domenica Menna, il quale fece il suo ingresso a Mantova come vescovo il 29 maggio 1929, fosse piuttosto controversa per le sue posizioni sul fascismo è cosa nota. Ma di certo ben pochi potevano immaginarsi quanto emerso invece nei giorni scorsi durante un incontro al Museo Diocesano, promosso dalla Cisl Asse del Po e dal Movimento federalista europeo, che ha visto come relatore lo storico e giornalista don Giovanni Telò.
L’incontro, dal titolo “Ribelli per amore”, ha fatto conoscere l’esperienza delle Fiamme verdi nel Mantovano, i partigiani cattolici che dal 1943 al 1945  operarono soprattutto nell’area a nord ovest, tra Acquanegra sul Chiese, Asola, Castel Goffredo e altri paesi, quella che risentiva molto dell’influenza del pensiero di don Primo Mazzolari.
Furono circa duecento i partigiani mantovani che aderirono alle Fiamme verdi e tra loro anche alcuni sacerdoti, ma è proprio nell’inquadrare il momento storico, calandolo nella realtà locale virgiliana, che la ricerca storica di Telò ha portato a scoprire un vescovo Menna che non solo condivideva le posizioni del regime fascista ma, dopo la caduta di Mussolini, dichiarava tutta la sua amarezza per quanto accaduto, definiva giorni disgraziati “il 25 luglio e l’8 settembre (1943 ndr)”, e dichiarava “il soldato germanico è meraviglioso e non può perdere, la vittoria finale sarà sua”.
Le frasi del vescovo Menna fanno parte di alcuni documenti inediti mostrati per la prima volta al pubblico da don Telò in occasione del convegno.
Si tratta per lo più di di stralci di corrispondenze tra Menna e alcuni preti mantovani (vedi foto sotto) Il 6 marzo 1944 Menna scriveva ad esempio a don Luigi Cavagnari: “Dio voglia che da Roma inizi la cacciata dell’invasore angloamericano e la nostra cara Patria lavi gloriosamente l’onta del tradimento perpetrata da malvagi che pur di vedere il fascismo finito hanno disonorato l’Italia e finita mortalmente togliendole esercito e flotta. Dio aiuti chi con fede intrepida si è messo all’opera e aiuti i giovani che in questi giorni si uniscono all’invincibile esercito germanico veramente prodigioso verso tutti”.
Per correttezza di informazione Telò ricorda però come Menna, dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, si adoperò per favorire il Battesimo a un certo numero di ebrei, così da sottrarli alle drammatiche conseguenze a cui sarebbero andati incontro. Un elemento questo emerso dalla tesi di laurea di una sua studentessa all’Istituto superiore di Scienze religiose “San Francesco” di Mantova.

Don Telò ha quindi ricordato come furono 4.500 i mantovani che parteciparono alla Resistenza, du cui 2.570 aderirono alle Brigate Garibaldi organizzate dal Partito comunista. Anche don Sergio Lasagna, prete nel Basso Mantovano, aderì proprio alle Brigate Garibaldi mentre don Costante Berselli, in città aderì al Gruppo socialista “Felice Barbano”. Nelle Fiamme Verdi troviamo i nomi di diversi sacerdoti tra cui don Giosuè Ferrari di Acquanegra, monsignor Carlo Calciolari, parroco di Castel Goffredo: fu proprio lui il 25 aprile 1945 a dirigere le operazioni militari nelle campagne del paese, o don Emilio Donelli, parroco di Gazoldo degli Ippoliti, sulla cui attività partigiana c’è un ampia documentazione.

Le Fiamme Verdi erano impegnate per lo più in azioni di sabotaggi, diffusione di materiale di propaganda, disarmo di tedeschi e Repubblichini e lotta armata, in particolare nei giorni antecedenti la Liberazione.
Tra le Fiame Verdi troviamo nomi poi divenuti molto noti come quelli di don Giovanni Barbareschi, Giuseppe Dossetti, Giovanni Marcora, Enrico Mattei e Teresio Olivelli.