MANTOVA – Un excursus nella storia dell’Italia Repubblicana lungo e dettagliato, che parte addirittura dal 1948 con la nascita della Costituzione, per raccontare la magistratura dello Stivale dominata dalle correnti.
E’ quello che l’ex magistrato Luca Palamara, che nell’ottobre 2020 fu il primo ex membro del Csm nella storia della magistratura a venir radiato dall’ordine giudiziario per via dei suoi procedimenti giudiziari in corso, ha fatto ieri in un’aula magna della Fum gremita in occasione di un evento organizzato dal Circolo Culturale Guareschi.
L’incontro, aperto dal presidente di quest’ultimo Romano Bondavalli, ha visto Palamara rispondere alle domande dell’avvocato mantovano Paolo Gianolio il quale, partendo proprio da alcuni passaggi chiave dei due libri scritti dall’ex magistrato insieme al direttore di Libero Alessandro Sallusti, lo incalza sul sistema delle correnti all’interno del Csm e su come un sistema così condizionato, che esercita un’importante gestione del potere, possa tradursi poi negli esiti dei processi.
E così Palamara racconta quanto dettagliatamente è illustrato nei suoi libri “Il Sistema” appunto e “’Lobby & Logge’” ovvero “il funzionamento dei meccanismi interni alla magistratura, il ruolo delle correnti e gli accordi che sono determinanti per le nomine dei più importanti Uffici Giudiziari. Accordi tra correnti le quali rispecchiano esattamente lo scenario della politica”.
“La Costituzione ha voluto che la magistratura fosse autonoma e indipendente ma negli anni il sistema ha imbarcato acqua – dichiara Palamara- Per esercitare il loro potere i magistrati hanno iniziato ad organizzarsi in correnti che sono risultate poi fondamentali nella gestione delle nomine”. Quella a cui si sarebbe assistitita è una sorta di degenerazione delle correnti al punto che l’ex magistrato paragona il sistema di spartizione di quest’ultime all’interno della magistratura a quelle del ‘manuale Cencelli’ della spartizione dei posti in politica.
Palamara, che di questo sistema è stato grande protagonista, torna a puntare il dito anche sul rapporto tra magistrati e giornalisti, tema affrontato nei suoi libri e che torna puntuale quando dal pubblico arriva anche la domanda sugli anni di “tangentopoli”.
Tanti spunti di riflessione dunque quelli emersi durante l’incontro che ognuno interpreta ovviamente in chiave personale, perché comunque quella di Palamara è una figura discussa, ma temi che come Gianolio ha sottolineato vale la pena approfondire. “Il contenuto dei libri di Palamara dovrebbe essere patrimonio di conoscenza dei cittadini per poter discutere con cognizione di causa i temi della giustizia e del suo funzionamento. Temi che toccano tutti” ha infatti dichiarato l’avvocato mantovano.