Un’ampia operazione congiunta di Polizia di Stato e Guardia di Finanza ha portato all’esecuzione di 29 misure cautelari e 40 perquisizioni in diverse province italiane, tra cui Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì, Rimini, Caserta, Napoli e Mantova. L’indagine ha permesso di scoprire un’associazione a delinquere composta da soggetti di origine campana e imprenditori emiliano-romagnoli, dedita all’emissione e all’utilizzo di fatture false nel settore edile, per un valore di circa 24 milioni di euro, e al successivo riciclaggio e autoriciclaggio dei proventi illeciti.
L’operazione, che ha portato anche al sequestro preventivo di circa 3 milioni di euro, è il risultato di un’indagine complessa condotta dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale per l’Emilia-Romagna e dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna, coordinati dalla Procura della Repubblica di Bologna.
Le indagini sono partite da una segnalazione di Poste Italiane alla Polizia Postale, riguardante movimenti sospetti su un conto corrente aperto nel bolognese. Gli accertamenti successivi hanno svelato un sistema di frode che coinvolgeva imprenditori attivi nel settore edile e un’organizzazione dedita al riciclaggio di denaro, che sfruttava anche il meccanismo delle false fatture legate al Superbonus 110%.
L’operazione ha richiesto un impegno coordinato dei Centri Operativi per la Sicurezza Cibernetica (C.O.S.C.) a livello nazionale e il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) della Guardia di Finanza, con il coinvolgimento attivo delle Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica regionali e di altri reparti territoriali delle Fiamme Gialle. Anche a Mantova, le forze dell’ordine sono state impegnate in questa vasta operazione.
Le indagini finanziarie, le intercettazioni ambientali e i pedinamenti hanno permesso di ricostruire il meccanismo della frode: le imprese emiliano-romagnole ricevevano fatture false, le pagavano con bonifico, e poi recuperavano il denaro contante da ambienti criminali campani, che trattenevano una percentuale per il “servizio”. Questo sistema permetteva agli imprenditori di evadere le tasse e di accumulare fondi illeciti.
I principali indagati sono stati raggiunti da misure cautelari, tra cui custodia in carcere e arresti domiciliari, mentre altri membri dell’organizzazione sono soggetti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e al divieto di esercitare attività imprenditoriali.
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